Un Albert Einstein incline a
insospettabili pregiudizi razzisti, almeno nei confronti dei
cinesi, emerge dalle pagine dei diari di viaggio scritti dal
fisico e premio Nobel durante un giro nell'estremo oriente
asiatico datato 1922/23 e pubblicati ora negli Usa.
Diari che riportano impressioni rapsodiche e considerazioni
sparse su arte, religione e politica, ma non senza concessioni
agli stereotipi dell'epoca, come ammette lo stesso editore. I
cinesi - stando a passaggi anticipati dal britannico Guardian -
vi vengono descritti come "un popolo industrioso, sporco e
ottuso", gente "spesso più simile ad automi che a persone".
"Sarebbe un peccato se i cinesi soppiantassero le altre razze:
per quelli come noi, il solo pensiero è indicibilmente cupo",
insiste più avanti il grande scienziato ebreo tedesco, che in
altre fasi della sua vita ebbe pure a bollare il razzismo come
una forma di "malattia dei popoli bianchi".
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