"Tutta l'Europa ha bisogno che il Net generation Eu parta, sono fiducioso che questa situazione verrà superata". Così il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri in audizione in Senato sugli esiti degli ultimi Ecofin, sottolineando che "è immaginabile che il trilogo si concluderà nei tempi previsti" ma "resta questo scoglio di questo stop improprio dato dai due paesi alle risorse proprie per motivi esterni che noi giudichiamo sbagliata e auspichiamo possa essere superata rapidamente". Il ministro ha definito la posizione di Polonia e Ungheria "doppiamente impropria", sia per i contenuti dell'intesa perché sullo stato di diritto si è raggiunto "un compromesso equilibrato", sia perché si "trasferisce l'insoddisfazione" da una procedura in cui non è previsto il veto, al veto sulle risorse proprie.
"Il negoziato in trilogo è in corso e non sembra indicare questioni particolarmente insolubili. C'è una prospettiva concreta di arrivare a una sintesi e dunque all'adozione del regolamento sul Rrf (Recovery and Resilience Facility) in prima lettura durante la plenaria del 14-17 dicembre". Il ministro ha ricordato che sul Rrf, lo "strumento principale del pacchetto da 750 miliardi per la ripresa", si è raggiunto "un accordo politico tra i Paesi in sede Ecofin lo scorso 6 ottobre e devono essere accolte con soddisfazione le tante proposte migliorative fatte".
Le notizie che parlano di uno "scenario di allarme dalla Commissione" Ue sul ritardo dell'Italia nella presentazione del proprio piano sul Recovery fund "sono notizie destituite di ogni fondamento, e lo dico col rispetto che si deve alla stampa ma anche alla chiarezza delle procedure di Bruxelles". Lo ha detto il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, a Sky Start su Skytg24, sottolineando che "ieri due commissari europei hanno detto in conferenza stampa che non c'è nessuna preoccupazione sulla presentazione dei piani".
"No, non siamo in ritardo" sui tempi del Recovery fund. "Ci auguriamo che il veto di Ungheria e Polonia sia superato. Siamo nei tempi indicati e credo che i tempi saranno rispettati". Così il presidente del Parlamento europeo David Sassoli alla trasmissione Restart su Rai2.
"L'Ue può avanzare senza i Paesi che bloccano". E' stata la Francia, per bocca del segretario di Stato agli Affari europei Clement Beaune, a vibrare apertamente la minaccia che a Bruxelles si va sussurrando da un paio di giorni. "Una variante nucleare che nessuno vuole", ma che come tutte le altre opzioni resta sul tavolo se le ribelli Ungheria e Polonia non si convinceranno ad accettare la clausola sullo stato di diritto e a revocare il veto sul bilancio europeo e il Recovery Fund, ha chiarito il premier olandese Mark Rutte.
La formula sarebbe quella dell'accordo intergovernativo, una strada lunga e tortuosa, con implicazioni politiche e pratiche molto pesanti, da imboccare solo se non si riuscirà a trovare altre vie d'uscita. E non certo una novità. L'ipotesi era già stata valutata durante le interminabili giornate di negoziato al vertice di luglio, quando i 27 leader non riuscivano a trovare la quadra sullo stimolo economico da 1.800 miliardi. Ma anche allora era stata poi riposta nel cassetto. L'idea è stata per il momento rigettata dal commissario all'Economia Paolo Gentiloni, che ha invitato "a non considerare proposte che potrebbero non risolvere il problema, ma semplicemente distrarre dall'obiettivo di risolverlo"; e che ha invece rivolto un appello ai leader ad approvare il pacchetto di rilancio "per mettere le economie su un sentiero di ripresa" e scongiurare quei ritardi che potrebbero avere conseguenze serie. Il rischio non è solo un allungamento dei tempi per gli esborsi dal Recovery ma anche un esercizio provvisorio del nuovo bilancio Ue, con la chiusura dei rubinetti per i pagamenti per quasi tutte le nuove spese. Decisamente controproducente per la Polonia, primo beneficiario dell'Unione per gli aiuti a fondo perduto delle politiche regionali, con 75 i miliardi assegnati per il 2021-2027.
Ma nonostante il forte pressing europeo di queste ore - con la cancelliera Angela Merkel ed i presidenti di Consiglio e Commissione europea Charles Michel e Ursula von der Leyen impegnati a tessere la tela della mediazione anche in vista della videoconferenza dei leader di domani - Budapest e Varsavia non hanno dato segnali di ripensamento. Anzi, in loro difesa è sceso in campo anche il premier sloveno Janez Jansa.
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