Demolire le case degli attentatori palestinesi rischia di essere una risposta non solo inutile ma "controproducente" per Israele, alimentando ulteriormente la tensione. Ad esprimere perplessità per la reazione del governo Netanyahu alla serie di attentati che ha insanguinato Gerusalemme negli ultimi giorni sono i cinque grandi Paesi della Ue. Gli ambasciatori di Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna - ha riferito all'ANSA l'ambasciata italiana confermando le anticipazioni di Haaretz - si sono recati giovedì sera al ministero degli Esteri a Gerusalemme per portare ad Israele il messaggio dell'Europa. All'indomani della strage in sinagoga, l'esercito israeliano aveva demolito la casa dell'autore di un attentato che costò ad ottobre scorso la vita ad un bebè e ad una donna. E giovedì - nel solco della linea annunciata dal premier Netanyahu - Israele ha avviato le procedure per la distruzione delle abitazioni dei due attentatori della sinagoga.
Dopo una giornata di calma apparente, la tensione sul terreno resta alta. Così come elevato è lo stato d'allerta in Israele. Alcuni responsabili della Difesa - in testa il ministro Moshè Yaalon, secondo Haaretz - e della polizia hanno comunque avvertito Netanyahu di non dispiegare truppe a Gerusalemme Est come risposta all'allarme, semmai d'accrescere l'uso degli agenti di frontiera. Il pericolo - hanno avvertito - è che l'esercito si trovi coinvolto troppo a fondo in scontri con i dimostranti. E venerdì è giornata di preghiera sulla Spianata delle Moschee - dove è stato garantito libero accesso ai fedeli musulmani senza alcuna restrizione d'età - oltre che ennesimo 'giorno della collera' proclamato da Hamas in Cisgiordania. Al telefono con il collega israeliano Lieberman, il titolare della Farnesina Paolo Gentiloni ha voluto rinnovare la solidarietà dell'Italia ad Israele "per l'ignobile attacco terroristico" in sinagoga, sottolineando nel contempo "l'importanza di preservare lo status quo nei luoghi santi di Gerusalemme, anche al fine di scongiurare il rischio che lo scontro assuma un carattere religioso".
Fino al passo deciso in serata dagli ambasciatori europei, la giornata era stata dominata dalla pioggia di condanne bipartisan che aveva subissato la decisione del sindaco di Ashkelon, sud di Israele, di bandire gli operai arabi dai lavori negli asili nido della città durante le ore di lezione. Itamar Shimoni ha motivato il suo veto con la situazione di tensione di queste ultime settimane. Ma lo stesso Netanyahu, leader della destra e alfiere della linea della fermezza, ha detto chiaro e tondo che "in Israele non c'è posto per discriminazioni contro gli arabi-isreliani". "Non dobbiamo discriminare un'intera popolazione a causa di una piccola minoranza violenta. La vasta maggioranza dei cittadini arabi-israeliani rispetta la legge, mentre noi agiamo risolutamente contro chi la infrange". L'uscita del sindaco, che ha disposto anche il presidio di guardie armate negli asili, sembra la spia - hanno messo in risalto molti analisti - di una realtà che nonostante i tentativi di smorzare le fiamme rischia di tracimare nella psicosi. Tanto più che viene alla luce anche un presunto progetto di attentato risalente all'estate scorsa contro il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman.
Fatto sta che l'uscita del sindaco di Ashkelon ha suscitato comunque un fuoco di sbarramento da destra a sinistra. Anche il ministro Naftali Bennett, leader nazionalista religioso radicale che ieri aveva invocato "un'operazione militare" a Gerusalemme sul modello di quella del 2002 contro la Seconda Intifada, stavolta ha preso le distanze. "Come ministro dell'economia - ha detto - non permetterò che nessun lavoratore sia danneggiato per motivi di religione o etnia". La titolare della Giustizia, la centrista Tizpi Livni, é andata oltre e ha annunciato una denuncia al procuratore generale Yehuda Weinstein affinché indaghi sull'iniziativa del sindaco nella convinzione che questa "mini il principio di eguaglianza e violi la legge sulle pari opportunità nell'impiego". Furibonde le accuse dall'opposizione: il leader laburista Isaac Herzog, ha definito la decisione "immorale". Una reazione comune che ha inorgoglito il presidente Reuven Rivlin: "E' la prova che anche di fronte al terrorismo brutale, non scendiamo a compromessi sui nostri più importanti valori".
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