Quando il 17 marzo gli israeliani andranno a votare, si schiereranno non solo col candidato da loro preferito alla carica di premier ma stabiliranno anche - in forma implicita - quale sia il giornale piu' influente del Paese: Israel ha-Yom, il free press nazionalista finanziato dal tycoon ebreo statunitense Sheldon Adelson - re fra l'altro del business del gioco d'azzardo a Las Vegas - che sostiene in modo massiccio Benyamin Netanyahu; oppure il popolare tabloid Yediot Ahronot dell'editore Arnon 'Noni' Mozes, che vuole assolutamente rimuoverlo dal potere. Su istruzione dei rispettivi 'padroni', in queste settimane i due giornali si sono scambiati colpi dolorosi, sopra e sotto la cintura. Portando in prima pagina non solo i temi della battaglia elettorale, ma anche la polemica diretta contro la testata rivale. ''L'obiettivo di 'Noni' Mozes - ha argomentato giorni fa Israel ha-Yom - e' di rovesciare il governo (ossia Netanyahu) per diventare di fatto il primo ministro, dietro le quinte''. Mozes, secondo i polemisti di questo giornale, controllando Yediot Ahronot e il sito web Ynet, avrebbe la capacita' non solo di abbattere i premier in carica, ma anche di far ascendere al potere chi a lui piu' congeniale: un tempo l'Ariel Sharon del ritiro da Gaza o Ehud Olmert (Kadima); oggi Yitzhak Herzog (laburista).
Un giornalista investigativo estraneo alla scontro fra i due colossi editoriali, Yoav Yitzhak, ha scritto che ''per colpa di burattinai come Adelson e Mozes c'e' adesso da chiedersi se le informazioni sulla carta stampata siano verita' fattuali o elaborazioni manipolative concepite per servire interessi personali'' di due imprenditori schierati su fronti politici opposti: il primo con la destra e con l'estrema destra; il secondo con formazioni di orientamento più moderato. Fatto sta che nelle ultime settimane Yediot Ahronot ha dedicato colonne su colonne per denunciare il comportamento e i presunti scandali legati alla moglie di Netanyahu, Sara; mentre Israel ha-Yom, alla vigilia del controverso discorso al Congresso Usa, non ha esitato a pubblicare una ventina di pagine per spalleggiare il premier sulla presunta entita' della minaccia iraniana per Israele. Lo stesso scioglimento della legislatura ha un punto di partenza significativo.
Era il 12 novembre 2014 quando la Knesset (parlamento) approvo' in prima lettura una legge che fissava regole più stringenti per il mercato editoriale sgradite a Israel ha-Yom, un giornale che allora aveva una diffusione di 350mila copie e che adesso e' balzata a 500mila per influenzare l'esito del voto. Yossi Verter, un analista del quotidiano liberal Haaretz, notò allora che Netanyahu era rimasto contrariato alla vista di ministri della sua coalizione (Tzipi Livni, Yair Lapid, Avigdor Lieberman) che avevano votato contro di lui. E meno di un mese dopo sorprese tutti con la scelta delle elezioni anticipate. Da quel momento, la lotta è infuriata senza quartiere fra 'Adelson-Israel ha-Yom' e 'Mozes-Yediot Ahronot': testata quest'ultima che negli ultimi anni ha peraltro patito forti perdite per l'irruzione sul mercato del free-press 'filo-Netanyahu' foraggiato dal ricchissimo Adelson, munifico finanziatore anche della destra conservatrice Usa. Una rivalità al tempo stesso ideologica e commerciale. ''Elezioni 2015: un voto decisivo'' sintetizza oggi a tutta pagina Israel ha-Yom. E, almeno su questo punto, Yediot Ahronot concorda in pieno.
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