La bandiera irachena è tornata a sventolare sul compound governativo nel centro di Ramadi, riconquistato nelle ultime ore dalle forze di Baghdad, ma i miliziani dell'Isis rimangono trincerati in vaste aree della città dove continuano intensi i combattimenti. Nella vicina Siria, invece, ieri un doppio attentato suicida ha ucciso decine di persone nella città di Homs, nella regione centrale del Paese, sotto il controllo governativo. Almeno 19 le vittime secondo la televisione di Stato e 32 secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus). Mentre una tregua sponsorizzata dall'Onu ha permesso l'evacuazione di centinaia di combattenti e di civili da tre aree sotto assedio: una a maggioranza sunnita e due sciite. Il portavoce delle operazioni congiunte militari irachene, generale Yahya Rasul, ha affermato in un annuncio alla televisione che Ramadi, il capoluogo della provincia occidentale di Al Anbar dal maggio scorso nelle mani dell'Isis, è stata "liberata e le truppe hanno issato la bandiera irachena sul compound governativo" nel centro della città, al termine di un'offensiva durata una settimana. "La battaglia è vinta", ha affermato da parte sua Sabah al Numan, portavoce delle unità anti-terrorismo di Baghdad. E la televisione di Stato ha mostrato scene di soldati che festeggiavano danzando in cerchio e innalzando i fucili mitragliatori. Ma, come spesso avviene nelle operazioni delle forze irachene, a questi annunci trionfalistici hanno fatto seguito versioni più prudenti. Il capo delle operazioni nella provincia di Al Anbar, il generale Ismail al Mahlawi, ha ammesso che i miliziani dello Stato islamico controllano ancora il 30 per cento di Ramadi, situata un centinaio di chilometri a ovest di Baghdad, e che quindi i combattimenti continuano. I jihadisti sarebbero ora trincerati in particolare nei quartieri orientali e fonti della sicurezza citate dalla televisione panaraba Al Jazira sottolineano che per prendere il pieno controllo di Ramadi saranno necessari ancora alcuni giorni, tenuto conto anche delle molte mine disseminate dall'Isis e dai miliziani rimasti in città per compiere attacchi suicidi contro le truppe di Baghdad che avanzano. E due attentati suicidi, uno compiuto con una autobomba e uno da un kamikaze a piedi, sono quelli che hanno provocato la strage di Homs, in Siria. Le esplosioni sono avvenute a pochi minuti una dall'altra nel quartiere di Al Zahra, abitato da una maggioranza di alawiti, appartenenti alla stessa setta sciita del presidente Bashar al Assad. Lo scorso anno circa 2.000 miliziani ribelli e del Fronte al Nusra, la branca siriana di Al Qaida, erano stati evacuati dopo un lungo assedio dalla citta' vecchia di Homs. Nelle scorse settimane l'operazione è stata completata con l'evacuazione di altri ribelli dal sobborgo di Waar, l'unico che restava nelle loro mani. Ieri, proseguendo negli accordi locali mediati dall'Iran e dalla Turchia e sponsorizzati dall'Onu, quasi 500 persone hanno potuto lasciare tre centri siriani. Dalla località montana di Zabadani ribelli e civili sunniti sono stati trasferiti in Libano, per raggiungere poi la Turchia. Da due località sciite nel nord-ovest del Paese, Fuaa e Kafraya, assediate da una coalizione di ribelli sunniti vicini a Qatar e Arabia Saudita e difese dalle milizie libanesi di Hezbollah, i civili e i combattenti sono stati fatti partire verso la Turchia. Da qui dovranno raggiungere il Libano e, infine, Damasco.
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