(di Mojgan Ahmadvand e Alberto Zanconato)
Oltre 230.000 morti, fra vittime dirette del conflitto e per le sue conseguenze, cioè fame, malattie e mancanza di cure: a tanto potrebbe arrivare il bilancio della guerra civile in Yemen entro la fine di quest'anno, secondo uno studio commissionato dall'Onu che delinea un quadro ben più tragico rispetto alle cifre circolate finora.
"E' peggio di quello che ci si aspettava", ha detto al sito Middle East Eye Jonathan Moyer, tra i responsabili della ricerca, condotta dall'Università di Denver, secondo il quale la grande maggioranza delle vittime è composta di bambini sotto i cinque anni. Nella ricerca si sottolinea che ogni 12 minuti un bambino muore per la guerra o gli effetti collaterali. "E tutti usciranno perdenti da questa tragedia", dice all'ANSA il regista iraniano Mehdi Khorramdel, che in questi giorni ha presentato un suo documentario sul conflitto al festival cinematografico Fajr di Teheran.
Proprio l'Iran è considerato il principale sponsor dei ribelli sciiti Houthi che, partendo dalla loro regione montagnosa d'origine nel nord, hanno preso il controllo di vaste aree del Paese, compresa la capitale Sanaa. Contro gli Houthi è intervenuta a partire dal marzo del 2015 una coalizione araba a guida saudita che compie frequenti bombardamenti con un gran numero di vittime civili. E i combattimenti non si sono fermati nemmeno dopo un accordo di tregua sottoscritto dalle parti nel dicembre scorso in Svezia.
Secondo lo studio commissionato dall'Onu, 102.000 persone potrebbero essere morte a causa del conflitto entro la fine del 2019, a cui si aggiungerebbero altre 131.000 per le sue conseguenze. Tra queste, un'epidemia di colera che dall'inizio del 2016 ha già provocato più di 3.000 morti e 1,3 milioni di contagi. Il costo stimato degli oltre quattro anni di guerra è di 89 miliardi di dollari.
Tutto questo per niente, afferma Khorramdel, che per il suo documentario, 'Yemen, a dubious war' (Yemen, una guerra sospetta), ha utilizzato centinaia di video realizzati da combattenti Houthi e da civili, oltre che immagini della coalizione a guida saudita. "L'idea che mi sono fatto - dice il regista iraniano - è che nessuno potrà vincere questa guerra". Quello che emerge dal suo documentario, infatti, è un braccio di ferro senza fine tra una coalizione araba che conta su una superiorità di mezzi militari, in particolare l'aviazione, e dall'altra parte milizie Houthi che possono contare su una conoscenza secolare del terreno, in particolare delle montagne del nord.
Ma quello che emerge dalle immagini è una guerra che è solo l'ultima di lunghi secoli di conflitti tra diversi clan tribali o con potenze straniere. In una scena del documentario si vedono uomini impegnati in una danza tradizionale con in pugno coltelli e fucili. Poi uno di loro dice: "Basta ballare, adesso torniamo a combattere".
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