Matteo Renzi e Francois Hollande stringono un patto per una rapida "accelerazione sulla crescita, l'occupazione e gli investimenti" in Europa. Ma senza toccare il patto di stabilità, che va rispettato cosi com'è. Applicandolo però in toto, e sfruttando tutti i margini di flessibilità esistenti. Da Parigi, dove la loro "sintonia" ha tenuto banco - tra passeggiate a braccetto tra le siepi dell'Eliseo e colloqui fittissimi - i leader di Italia e Francia mandano un messaggio chiaro. Forse anche a Berlino. A pochi giorni dal vertice Ue di Bruxelles sulle nomine, c'è il loro via libera di massima alla candidatura di Juncker. Ma resta 'condizionato' alla missione che il nuovo presidente della commissione Ue si impegnerà a portare avanti. Hollande e l'intero schieramento socialista europeo - oltre a lui e a Renzi oggi hanno partecipato alla riunione altri 8 leader del Pse - hanno sposato in pieno la posizione del premier, che sulla partita delle nomine da sempre sostiene, e lo ha ribadito anche oggi, che "nomi sunt consequentia rerum". Prima le priorità (crescita-lavoro-investimenti) poi i nomi, gli ha fatto sponda il presidente francese. Certo Juncker è il candidato naturale, ha affermato Hollande, ricordando il risultato elettorale che legittima l'esponente del Ppe alla guida della Commissione. Ma il via libera definitivo del Pse arriverà solo se il programma del nuovo presidente dell' esecutivo europeo - sulla piattaforma dei contenuti sta lavorando Van Rompuy, sarà pronta martedì - punterà su quel 'cambio di verso' che Renzi da sempre rivendica per una svolta "di mentalità, di cultura, in grado di rispondere ai cittadini", ha ripetuto anche oggi ai colleghi. Su un accordo sotto la regia di Angela Merkel - che molti scommettono sia ormai chiuso (Juncker alla Commissione, Schulz rieletto al Pe e, forse, la danese Thimoing-Schimt al Consiglio Ue) - la partita non appare quindi del tutto conclusa.
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