La delega sul lavoro sarà, con tutta probabilità, approvata oggi dalla Camera senza ricorrere al voto di fiducia, addirittura con un giorno di anticipo rispetto a quanto previsto dalla conferenza dei Capigruppo di Montecitorio. Nella riunione di ieri, nonostante la bagarre tentata dal Movimento5Stelle, sono stati votati tutti gli emendamenti, tranne 1, che verrà votato stamattina. Prima del voto finale, previsto per la serata, gli esponenti della minoranza Pd che hanno deciso di non votare il provvedimento, si riuniranno alla ricerca di una linea comune. La scelta è tra uscire dall'Aula e non partecipare al voto (opzione caldeggiata da Gianni Cuperlo) o dire no alla riforma (come ha già annunciato di voler fare Pippo Civati). La maggior parte dei deputati della componente di minoranza Area riformista, invece, dovrebbe votare sì.
''Il lavoro va avanti ordinatamente. Sono soddisfatto'', ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti avvicinato prima della ripresa della discussione nel pomeriggio, ma già dalla mattina il Governo aveva espresso ottimismo sulla possibilità che la fiducia fosse evitata. ''Rilevo con grande soddisfazione - ha detto il presidente della Commissione Lavoro e relatore di maggioranza, Cesare Damiano - che contrariamente alle previsioni di alcuni "profeti di sventura", non solo abbiamo cambiato nel profondo la delega sul lavoro con 37 emendamenti, ma abbiamo anche evitato la fiducia alla Camera. Non era scontato ed è il frutto della battaglia condotta con coerenza dal Pd".
Il Pd ha votato sostanzialmente in modo compatto per respingere tutti gli emendamenti, anche se sull'articolo 18, come denunciato dai rappresentanti di Sel, ci sono stati 17 deputati della minoranza dem che hanno votato a favore di un emendamento dell'opposizione per difendere il diritto al reintegro nel posto di lavoro dopo un anno di prova. Le opposizioni sono intervenute nella discussione soprattutto con i rappresentanti del Movimento5stelle, due dei quali Dell'Orco e Della Valle) sono stati espulsi dall'Aula perchè fotografavano e non consentivano al presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano di intervenire, ma l'esame del provvedimento è andato avanti speditamente. L'obiettivo a questo punto, come ha annunciato nei giorni scorsi il premier, Matteo Renzi è approvare il Jobs act in seconda lettura al Senato entro il 9 dicembre per varare già alcuni dei decreti delegati entro fine anno.
Il Governo punta a scrivere le deleghe almeno sulla revisione degli ammortizzatori sociali e sul contratto a tutele crescenti facendo partire contemporaneamente la possibilità di utilizzare il nuovo contratto con la decontribuzione per i neoassunti prevista per il 2015 dal ddl di stabilità (per tre anni). Soddisfatto per la tenuta dell'accordo il capogruppo del Pd, Roberto Speranza: "Alla Camera - ha scritto su Twitter - si vota il Jobs act senza fiducia. Ha vinto il Parlamento che ha migliorato la delega grazie al lavoro della commissione". ''Il Governo ha detto che di fronte a un comportamento responsabile non avrebbe posto la questione di fiducia'' - ha detto il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova. L'andamento del dibattito ha dimostrato - ha aggiunto - che ''la maggioranza non ha avuto bisogno della fiducia per reggere su un testo che non riduce i diritti dei lavoratori''.
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