Matteo Renzi per ora, ma solo per ora, sembra soddisfatto. Perche' per la "prima volta" nelle conclusioni del Vertice Ue c'è la parola "flessibilità". "E' un piccolo passo per l'Italia ma un grande passo per l'Europa", commenta - parafrasando la frase dell'astronauta americano Neil Armstrong - lasciando intendere che la sua battaglia nella Ue è appena iniziata. E se il suo obiettivo finale, la sua 'posta alta', resta quella di arrivare allo scorporo degli investimenti per le grandi opere dal Patto di stabilità, per ora torna a Roma incassando il seppur, ancora troppo timido, segnale arrivato oggi dai 28 con il via libera 'politico' al piano Juncker.
Pronto a proseguire la partita nelle prossime settimane e nei prossimi mesi quando si entrerà, già a gennaio, nel vivo della discussione sulla flessibilità nel Patto e si inizieranno a mettere nero su bianco i dettagli del piano da 315 miliardi con cui l'Europa punta a rilanciare la sua economia ed il lavoro. Sa - e non lo ha dimenticato di dire anche stasera in conferenza stampa - che davanti, ancora una volta, si troverà il solito osso duro. Lui non la cita ma il riferimento è ad Angela Merkel.
"C'e' chi non voleva neanche mettere quella parola 'favorevole'" nelle conclusioni, sottolinea il premier riferendosi al punto centrale della questione: la non considerazione, ai fini del Patto, delle risorse che gli Stati metteranno nel fondo comune per gli investimenti. Una richiesta, quella tedesca, non spuntata. E Renzi lo considera un "fatto positivo perché ora per "la prima volta si dice che gli investimenti che hanno un senso di futuro dall'Europa sono scomputati dal patto. E' un piccolo passo avanti per l'Italia e un grande passo avanti per l'Europa", ribadisce al termine di un Consiglio in cui la Merkel - si vocifera - ha insistito, in linea con il suo refrain di sempre, affinché nelle conclusioni fosse precisato che la flessibilità sia "costruita all'interno delle regole esistenti".
Il solito gioco di parole. Che forse hanno ispirato Renzi che ha lasciato il vertice visibilmente allegro (anche per l'anticipo della chiusura ad oggi del Coniglio) facendosi sorprendere a canticchiare "Parole, parole, parole" di Mina. I vertici europei non sono il suo 'piatto' preferito e non lo nasconde arrivando con una battuta: L'hastag della giornata? "Una botta di vita", dice parlando degli appuntamenti che lo attendono ("fondamentale pre-vertice Pse, poi vertice Ue e poi, ancora conferenza stampa finale del Consiglio..."). Ma oggi oltre a quella, seppur troppo per lui timida flessibilità, incassa anche un'apertura, per lo meno di credito, da Juncker che dice di aver fiducia in lui e nel suo impegno per le riforme: "ho piena fiducia in lui e so che non mi deluderà", dice ricordando che finora non è stato "certo inattivo". E pur ricordando che quello che vuole Renzi sul fronte degli investimenti nazionali il Patto non lo permette, lascia aperta la porta di discussione quando - ricorda Juncker - a gennaio parleremo di "flessibilità nel patto". Io non 'sorveglio Renzi" aggiunge poi a chi gli chiede se l'Italia è sotto esame. Uno spunto che il premier coglie per ricordare, pensando a casa, che il vero esame per l'Italia saranno le elezioni nel 2018, "con la cadenza di tutti i paesi normali". E' proprio in quella porta lasciata socchiusa da Juncker che la strategia di Renzi vuole 'incunearsi', cercando di "allargare lo spiraglio" che si è aperto in un'Europa che non parla più solo di stabilità ma anche di crescita e investimenti. E nei prossimi mesi Renzi dovrà giocare la partita nel vivo.
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