"Certo che sono contento di tornare a casa!". C'è un che di liberatorio in questa ammissione che Giorgio Napolitano consegna con franchezza ad una bambina che a piazza del Quirinale con candore gli chiede se non gli dispiacesse un po' lasciare un così bel palazzo. Il presidente della Repubblica uscente non ha mai nascosto il peso dell'età e le difficoltà crescenti a portare avanti i "gravosi" compiti richiesti dalla guida del Quirinale e spiega con semplicità che al palazzo dei papi "sì, si sta bene, e' tutto molto bello ma si sta troppo chiusi, si esce poco". "Quasi una prigione", aggiunge forse pensando alla sua amatissima casa al rione Monti dove rientrerà finalmente domani dopo quasi nove anni passati al Colle. E a Monti (pochi passi dal Quirinale) sarà festa per il rientro del vicino illustre. E' stato il presidente delle riforme a tutti i costi, elegante e "pignolo", come egli stesso ha confermato. Attento ad ogni dettaglio, lavoratore instancabile, profondo conoscitore della vita parlamentare e delle dinamiche politiche dell'intera storia repubblicana, Giorgio Napolitano domani firmerà di suo pugno le dimissioni che poi viaggeranno, portate personalmente dal segretario generale Donato Marra (per nove anni l'ombra del presidente), tra il Senato, la Camera e palazzo Chigi. E il suo ultimo messaggio agli italiani non poteva che essere nel solco del suo granitico "credo": unità del paese e riforme. Gli italiani, ha ripetuto stamattina, siano "sereni" per il futuro e soprattutto "molto consapevoli della necessita', pur nella liberta' di discussione politica e di dialettica parlamentare, della necessita' di un Paese che sappia ritrovare, di fronte alle questioni decisive e nei momenti piu' critici, la sua fondamentale unita'". E quale questione oggi all'esame delle forze politiche è più "decisiva" delle riforme costituzionali e del varo della nuova legge elettorale? Il presidente in questo percorso verso le dimissioni ha sempre fatto sapere che la sua "personalissima" decisione deve rimanere slegate dalle logiche parlamentari e che comunque le Camere rimangono attive anche con la supplenza di Pietro Grasso.
Ma in attesa della formalizzazione della sua uscita le opposizioni già affilano le armi e si preparano a chiedere - un minuto dopo la firma presidenziale - una pausa dei lavori parlamentari in attesa che il quadro politico si chiarisca con l'elezione del nuovo inquilino del Colle. Schermaglie legittime di "una robusta minoranza", si sottolinea nei palazzi delle istituzioni, ben sapendo che non ci sono appigli costituzionali per interrompere i lavori d'aula. Ma per un giorni le tensioni parlamentari sono lontane dalla mente del presidente che ha dedicato la giornata a chiudere per bene la sua lunga amministrazione del Quirinale, salutando prima il corpo dei Corazzieri ("che stile!") e poi i tanti dipendenti del Quirinale, divenuti dopo tanti anni quasi una famiglia. Ci sarà tempo - ma non troppo - per rientrare nell'agone politico da senatore a vita. Le battaglie non mancano di certo. Tanto che si segnala una curiosa coincidenza: già il giorno dopo la sua uscita, giovedì, si dovrebbe andare ai primi voti in Senato sull'Italicum e Napolitano - se deciderà di non concedersi neanche un giorno di riposo - potrebbe già schierarsi. Certamente lo farà più avanti quando si aprirà la corsa al Colle per la scelta del suo successore, come conferma lo stesso premier Matteo Renzi: "Napolitano, da domani, continuerà a far sentire la sua voce" e "sarà un grande servitore come senatore a vita". Domani quindi l'uscita: niente di formale, solo una breve cerimonia nel cortile del Quirinale. Poi via, con la moglie Clio, a Monti, vicolo dei Serpenti, nel cuore di Roma antica. Non certo una "prigione".
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