Il termometro della tensione, esplosa per il rifiuto di parte della minoranza alla convocazione di Matteo Renzi sull'agenda di governo, si ha, a fine giornata, nella guerra di numeri sulle presenze alla riunione: i renziani parlano di 200 presenti, gli esponenti della sinistra presenti raccontano di un confronto con al massimo 100 parlamentari. Il premier, comunque, è soddisfatto: "Abbiamo offerto un'occasione di confronto in più, polemiche e lamentele sono incomprensibili", si sfoga durante la segreteria. Ma resta il muro contro muro con Pier Luigi Bersani per il quale "è ora di discutere sul serio non per spot". Il leader Pd non ha alcuna intenzione di cambiare il timing delle prossime riforme: martedì, ha ribadito oggi, il consiglio dei ministri approverà un ddl e un dl sulla scuola; sulla Rai "bisogna correre" e al massimo entro due settimane sarà approvato dal governo il disegno di legge che renderà il servizio pubblico "il primo produttore culturale del paese".
Rinviato nel 'brain storming' al Nazareno, per motivi di tempo, il capitolo fisco anche perchè, a quanto si apprende, anche la delega fiscale non dovrebbe andare nel cdm di martedì prossimo. Mentre sulla legge elettorale e sulla riforma istituzionale il presidente del consiglio chiude la partita: i testi non si cambiano nei prossimi passaggi parlamentari. Per Renzi, infastidito dall'accusa interna ed esterna di deriva autoritaria, il confronto di oggi, durato quattro ore, poteva essere l'occasione per rilanciare il "metodo Mattarella" che ha portato il Pd unito nella scelta del Capo dello Stato. "E' la minoranza che si è sfilata", ribattono i fedelissimi del premier. La sinistra, invece, ha visto come un'offesa il metodo della discussione "ad ore", una per ogni priorità (scuola, Rai, fisco ed ambiente) dopo che, attacca Gianni Cuperlo, "le nostre proposte, dal jobs act alle riforme, sono state ignorate e bocciate". Bersani, che riceve un incitamento tendenzioso di Renato Brunetta ("forza Bersani"), rincara la dose: "Serve una discussione ordinata così come abbiamo fatto per la scelta di Mattarella". L'ex leader respinge la lettura che lo scontro aperto dalla minoranza nasca dall'idea di Renzi di cambiare gli equilibri ai vertici di gruppi parlamentari e commissioni. Un'ipotesi che il vicecapogruppo alla Camera Ettore Rosato, in realtà, non smentisce: "Una verifica delle presidenze delle commissioni parlamentari e' prevista ogni due anni ma non è un tema politico". Se la gran parte della minoranza ha dato forfait, alla riunione hanno anche partecipato "pezzi da 90" come Francesco Boccia e Cesare Damiano nonostante i dubbi sulle modalità di convocazione. "E' stato un incontro utile - ammette il presidente della commissione Bilancio - ma e' funzionale se le cose che si dicono poi si trasformano in atti parlamentari, quando invece diventano tweet finiscono per essere quello che sono, aria fritta". Al di là di presenze ed assenze, tra i dem resta una frattura. Il vicesegretario Lorenzo Guerini, vede nelle accuse di Bersani "un eccesso di polemica, a mio parere - dice - non utile". Per il 9 marzo si è deciso un bis su fisco e pubblica amministrazione mentre la prossima settimana, quando si andrà alla stretta sulla riforma di viale Mazzini, il premier si è detto disponibile ad un approfondimento tecnico con i parlamentari che si occupano della materia. Sperando che anche la minoranza non dia forfait.
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