L'Italia si è impegnata con le Nazioni Unite a riconoscere le unioni e anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso. L'impegno è contenuto in un documento, che il Governo presenterà alla 28.ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani che terminerà il 27 marzo prossimo.
Era stato lo stesso Consiglio dei diritti umani dell'Onu, nell'ottobre scorso, a rivolgere al nostro Paese una serie di raccomandazioni, ben 186, su materie che spaziano dalla prevenzione della tortura alla discriminazione dei rom. Tra queste, la richiesta - sollecitata dall'Olanda - di "fare passi concreti per adottare la legislazione necessaria a dare seguito all'annuncio del premier Renzi di lavorare al riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso in Italia, come parte degli sforzi dell'Italia per ulteriormente rafforzare le misure per combattere la discriminazione e la violenza basate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere". L'altra raccomandazione, su richiesta di Regno Unito e Irlanda del Nord, chiede di "assicurare eguali diritti alle persone lesbiche, omosessuali, bisessuali e transgender (lgbt) riconoscendo legalmente il matrimonio e la civil partnership (partenariato civile) tra persone dello stesso sesso".
L'Italia ha quindi risposto in questi giorni, accettando di ottemperare a 176 raccomandazioni, tra cui le due relative al matrimonio e alle civil partnership tra persone dello stesso sesso. Un impegno preciso, dunque, contratto con un organismo internazionale, a fare passi concreti su questi temi. Ma le associazioni che si occupano dei diritti delle persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) e di diritti umani reagiscono con scetticismo. "Si tratta di una notizia importante a cui speriamo seguano fatti legislativi significativi" ha detto Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone e della neonata Coalizione italiana per i diritti e le libertà civili.
"Se veramente il governo italiano ha detto sì all'Onu sul matrimonio ugualitario, allora lo annunci anche al Paese" è il commento di Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia. "Sono anni - afferma Mancuso - che aspettiamo una notizia di questo tipo. Se il Governo ha preso questo impegno, a livello internazionale, ora sia conseguente e porti una legge in Parlamento". Anche Flavio Romani, presidente di Arcigay, mette le mani avanti: "attendiamo la prova dei fatti". "Gli impegni presi dall'Italia tracciano obiettivi per noi assolutamente condivisibili" premette. "L'auspicio è che questo sia davvero l'obiettivo - precisa - e che, ad esempio, il principio di uguaglianza non lo si voglia ridimensionare a formule parziali e comunque discriminatorie, ma anzi rimanga il faro che guida questa discussione". "E soprattutto attendiamo che, dopo anni di annunci infruttuosi, si possa dare per chiusa la fase delle parole per passare finalmente a quella dei fatti, perché il tempo, quando si parla di diritti fondamentali, non è una questione secondaria. Quindi il Governo si responsabilizzi non solo rispetto agli obiettivi ma anche rispetto all'urgenza con cui essi devono essere raggiunti" conclude Romani.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA