Quel flusso di denaro che ogni mese il clan Carminati gli garantiva era il compenso per il suo lavoro di "facilitatore" con la macchina amministrativa. Una sorta di "spiccia problemi" al soldo di Mafia Capitale. Così Luca Odevaine, ex capo della polizia provinciale di Roma ed ex vice capo di gabinetto di Veltroni in Campidoglio, ha ricostruito ai pm romani i suoi rapporti in primis con Salvatore Buzzi, l'uomo delle cooperative e figura-chiave nella maxi-inchiesta della Procura capitolina.
Per oltre quattro ore Odevaine, nel carcere piemontese dove si trova detenuto da alcuni mesi, ha ricostruito nel corso di dichiarazioni spontanee che ruolo svolgeva per l'organizzazione criminale. Nel suo racconto l'indagato, finito in carcere con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso, ha voluto porre dei paletti in primo luogo nel ruolo che svolgeva presso il Tavolo per l'emergenza immigrazione. "Si trattava di una struttura - ha spiegato - di natura meramente tecnica e operativa. In sostanza in quella sede non si prendeva alcuna decisione di tipo politico".
Odevaine ha in pratica riconosciuto che il suo compito era quello di risolvere i problemi a Buzzi e al clan nei rapporti con la "cosa pubblica" e che i cinquemila euro che mensilmente gli venivano elargiti rappresentavano il compenso per la sua attività. Nel corso dell'atto istruttorio Odevaine, assistito dall'avvocato Luca Petrucci, ha fornito agli inquirenti materiale cartaceo e documenti sull'attività svolta nell'ambito del Tavolo.
"Siamo sereni perché oggi abbiamo fornito elementi utili a chiarire molti aspetti in questa vicenda - ha commentato Petrucci -. Attendiamo ora la pronuncia della Cassazione, fissata per il prossimo 10 aprile, in merito al nostro ricorso sulla misura cautelare". Le ammissioni fatte oggi da Odevaine potrebbero, comunque, rappresentare una svolta importante per l'indagine. Sulla figura dell'ex capo della polizia provinciale il tribunale del Riesame, nel respingere l'istanza di scarcerazione, non aveva utilizzato mezzi termini. Nelle motivazioni i giudici hanno scritto che Odevaine in questa vicenda "ha mostrato di avere in spregio ogni principio di fedeltà e di buona amministrazione che dovrebbe condurre la sua opera".
E ancora: "non prova alcun senso di disagio per i propri comportamenti sconvenienti e riprovevoli che antepongono l'interesse personale e quello degli imprenditori che lo corrompono e alle esigenze umanitarie che sono sottese alle decisioni che influenza per la propria funzione al Tavolo sull'emergenza immigrazione".
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