E' una corsa a ostacoli quella che la riforma elettorale dovrà affrontare alla Camera, dove da domani inizierà il suo iter in terza lettura in Commissione, per arrivare in aula il 27 aprile. Le difficoltà sono sia di tipo procedurale, che di tipo politico, con in più il problema dei tempi stretti. Domani l'ufficio di presidenza della Commissione Affari costituzionali incardinerà l'Italicum ufficialmente e si dovrà fare il punto su chi dovrà essere il relatore, incarico che potrebbe venire ricoperto dal presidente della commissione Francesco Paolo Sisto. Oppure quest'ultimo potrebbe decidere di affidarlo a un esponente della maggioranza.
Poi partirà la discussione generale, con una prima interruzione per le vacanze pasquali di cinque giorni. Dopo di che verranno fissati i termini per presentare gli emendamenti, presumibilmente tra venerdì 10 aprile e martedì 14. Quando si entrerà nel vivo, vale a dire al momento di votare le proposte di modifica, diventerà essenziale il ruolo del relatore, che ha il compito di trovare le mediazioni. Se tale ruolo verrà assegnato ad un esponente del Pd (es. il capogruppo Emanuele Fiano) toccherà a lui il confronto con la minoranza interna del Pd.
Quest'ultima, poi, in commissione è addirittura maggioritaria, visto che schiera tutti i suoi big (Pierluigi Bersani, Rosi Bindi, Gianni Cuperlo, Alfredo D'Attorre, Barbara Pollastrini, Roberta Agostini, Andrea Giorgis, Giuseppe Lauricella, Alessandro Naccarato, ecc). Visto che FI non vota più a favore, per la maggioranza c'è il rischio di "andar sotto" in commissione. E qui ci sono due alternative procedurali: rimediare tutto in Aula, ma con ampi rischi; oppure non far votare alcun emendamento in Commissione e andare direttamente in Aula senza che venga dato il mandato al relatore. Scenario plausibile nel caso in cui l'intera minoranza del Pd, sia l'ala bersaniana che Area riformista di Roberto Speranza, si dovesse compattare in un "no".
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