Il Mattarellum fu legge a lungo dibattuta e approvata con ampio consenso. Sul Porcellum, invece, l'opposizione fu aspra e il consenso ben più limitato.
Ma su nessuna delle due fu posta la fiducia, che invece andò in scena sul sistema elettorale forse più contestato, quello nato dalla 'legge truffa' del 1953.
Ecco le maggioranze che a Palazzo Madama e Montecitorio avallarono a distanza di 12 anni le due ultime leggi elettorali approvate in Italia.
Era il 1993 quando la legge Mattarella, che introduceva un maggioritario a turno unico per il 75% dei seggi, veniva approvata definitivamente in Parlamento. Fu un via libera largo, aiutato anche dall'accordo di tutti i gruppi parlamentari a non richiedere il voto segreto. La Dc guidava lo schieramento dei favorevoli (la legge era stata scritta dal suo capogruppo dell'epoca Sergio Mattarella) e il Pds diede la sua benevola astensione. Erano gli anni del declino della Prima Repubblica e il Mattarellum arrivava in Aula coadiuvato da un ampio dibattito nell'opinione pubblica, sull'onda del referendum del 18 aprile 1993. Il governo era il primo della storia repubblicana ad essere guidato da un non parlamentare, Carlo Azeglio Ciampi. Il Mattarellum, in realtà, era scisso in due leggi distinte. La legge che regolava il nuovo sistema elettorale per la Camera fu approvata definitivamente dal Senato con 128 sì, 29 voti contrari e 59 astenuti. Il voto favorevole fu assicurato da Dc, Psi e Lega Nord. Si astennero Pds, Rifondazione Comunista e Pri, mentre contrari si dichiararono La Rete, I Verdi, Svp (partito sudtirolese), il Pli e Msi-Destra Nazionale. Era il 3 agosto del 1993. La riforma elettorale del Senato fu approvata il giorno dopo a Montecitorio con 287 voti favorevoli, 78 no, 153 astenuti. A favore si espressero Dc, Psi, Psdi, Lega Nord, Svp e l'Union Valdotaine. Contrari Msi-Dn, Rc, Rete, Pli. Ad astenersi furono Pds, Pri, Verdi, Lista Pannella.
Numeri differenti per la Legge Calderoli, o 'Porcellum': dopo 12 anni in Italia tornava il proporzionale e lo faceva con il sigillo di Silvio Berlusconi. L'approvazione definitiva giunse infatti pochi mesi prima della scadenza della legislatura e incassava il sì definitivo a Palazzo Madama, il 14 dicembre 2005, con 160 sì, 116 no e 6 astenuti. Alla Camera, il 13 ottobre la legge era passata, con voto segreto, con 323 sì, 6 no, 6 astenuti. Pressoché identiche le formazioni che la sostennero, tutte della maggioranza parlamentare della Casa delle Libertà (FI, An, Udc, Lega Nord). L'Unione di Romano Prodi restò in Aula ma non votò.
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