Matteo Renzi non ha intenzione di farsi fare gli esami del sangue sul tasso di sinistra del suo governo e del suo Pd. Nè dalla vecchia guardia, emblema di una "sinistra masochista e perdente", nè dalla nuova guardia. "Non c'è alcuno smottamento al centro, tra chi arriva e chi va il saldo è positivo", traccia la linea il premier che fa spallucce per l'addio di Civati e per quello, dato per imminente, di Stefano Fassina. "Se lascia è un problema suo", sostiene riaprendo lo scontro dentro il partito alla vigilia del rush finale delle regionali nelle quali per il premier la minoranza rischia di "rianimare Fi".
Non tira aria di riappacificazione dentro il Pd dopo lo strappo sull'Italicum. Anzi, le tensioni sono talmente forti che il vertice dem decide di rinviare l'elezione di Ettore Rosato a capogruppo dopo le elezioni regionali. Meglio non aprire nuovi fronti di scontro. Ma al tempo stesso, con un occhio ai sondaggi e un altro ai risultati del governo, il premier non ha intenzione di subire la sfida della minoranza, in campo in Liguria con il civatiano Luca Pastorino. Per Renzi quello è l'esempio di una "sinistra masochista che ha scelto un candidato contro quello del Pd e lo fa non per vincere ma per far vincere Toti". Ma, come insegnano le elezioni inglesi, vince non la sinistra estremista ma "quella riformista".
Che per il premier è la sua: di sinistra è il jobs act, che "dà e non toglie diritti", di sinistra è la legge sul conflitto di interessi, ora in discussione, e quella sull'anticorruzione per la quale il leader Pd vuole l'ok entro maggio anche saltando la pausa dei lavori parlamentari prevista per la campagna elettorale. E nel giorno dell'ennesimo, e finale, scontro con i sindacati sulla riforma della scuola, Renzi cita Giovanni Berlinguer per rivendicare la necessità dell'autonomia scolastica.
"Non e' che siccome non c'e' D'Alema o Bersani non c'e' sinistra, abbiamo cambiato passo dentro il gruppo dirigente, serve una nuova sinistra per un nuovo futuro del paese", afferma il premier rispolverando il piglio rottamatore ed elencando i giovani, da Orfini a Orlando, ai vertici del Pd e del governo. A questo punto, poco male se Pippo Civati, Sergio Cofferati o Stefano Fassina se ne vanno. "Civati sul suo sito dice 'Aderisci a Civati. Dicono a me che personalizzo ma poi fanno formazioni personali", è il bye bye all'ex compagno di Leopolda. Valutazioni che fanno reagire chi, come Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e Gianni Cuperlo, hanno deciso di restare nel Pd. E che rinviano a dopo le regionali il vero chiarimento interno. Il segretario Pd per ora è concentrato a dimostrare che il suo Pd è vincente. Anche a costo di qualche compromesso che avrebbe evitato. Come i candidati "impresentabili" presenti in Campania nelle liste civetta a sostegno di Vincenzo De Luca. "Alcuni candidati mi imbarazzano eccome, ci sono candidati che non voterei neanche se costretto. Però dico che liste Pd sono pulite", chiarisce Renzi che sabato dovrebbe essere a Napoli ad inaugurare l'apertura della stazione Municipio della metro.
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