I circa mille militari italiani condannati a morte nel corso della Prima Guerra mondiale per reati di diserzione e per i reati in servizio, come lo sbandamento, e i fatti di disobbedienza, ancorché collettiva potranno essere riabilitati d'ufficio: lo prevede una proposta di legge approvata dall'Aula della Camera con 331 sì, nessun contrario ed un solo astenuto, e che ora passa al Senato.
In base al testo approvato il procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello avrà l'obbligo di presentare le richieste di riabilitazione al Tribunale militare di sorveglianza entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge per i fucilati. Su istanza di parte sono restituiti l'onore militare e la dignità di vittime della guerra a quanti furono passati per le armi, addirittura senza processo, facendo anche ricorso alla intollerabile pratica della decimazione o per esecuzione immediata e diretta da parte dei superiori. Il secondo articolo della proposta di legge prevede poi di affiggere in un'ala del Vittoriano in Roma una targa nella quale la Repubblica rende evidente la sua volontà di chiedere il perdono di questi caduti.
Il testo della lapide verrà scelto con un concorso riservato agli studenti delle scuole medie superiori per selezionare il testo da esporre nel Vittoriano in Roma. In totale, i soldati italiani processati durante la Prima Guerra Mondiale furono 262.481, a cui si aggiunsero 61.927 civili e 1.119 prigionieri di guerra. Nell'insieme furono processate 325.527 persone; la percentuale di condanne si aggira intorno al 60 per cento del numero degli imputati. In questa moltitudine di procedimenti, 4.028 si conclusero con la condanna alla pena capitale, di cui 2.967 con gli imputati contumaci e 1.061 al termine di un contraddittorio. Le sentenze eseguite furono 750, ma il numero dei fucilati non si esaurisce in questa cifra, perché furono circa altri 350 gli uomini giustiziati. Questi ultimi andarono incontro alla più severa delle pene senza processo, attraverso decimazioni o esecuzioni sommarie.
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