Un'intesa difficile, che vede le parti distanti, ma che, allo stesso tempo, nessuno esclude. Il Pd si avvia ai giorni caldi delle riforme tentando una mediazione interna tra maggioranza e sinistra del partito che sblocchi la pericolosa impasse sull'elettività del Senato. E con il passar delle ore aumenta il rischio che l'8 settembre la commissione Affari Costituzionali di palazzo Madama torni a riunirsi con le posizioni ancora invariate, anche perché due 'grandi vecchi' come Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani, oggi, ribadiscono, al di là delle frizioni sul ddl Boschi, "il disagio" politico e di fondo che vive una parte del partito. A Palazzo Madama è il capogruppo Luigi Zanda a tessere la tela di una possibile mediazione con i 28 senatori che hanno presentato gli emendamenti all'art.2 per un Senato elettivo.
"Sono convinto che tutti nel Pd hanno a cuore un esito positivo del percorso riformatore" è l'auspicio di Zanda. "È un desiderio condiviso. Spero che non siano parole al vento ma assunzioni di responsabilità alle quali seguiranno scelte concrete e coerenti", è la replica del collega Vannino Chiti. Ma se sul punto il ministro Boschi spiega che tutti sono pronti ad un confronto - ma nessuno è disponibile a "ricominciare tutto daccapo" - maggioranza e sinistra Pd continuano a viaggiare ancora su due binari paralleli. Nodi e scontri questi, sottolinea Maria Elena Boschi dalla festa Pd di Milano, che possono essere risolti "al congresso del 2017: chi ha idee diverse si metterà in gioco", è la sfida. "La maggioranza c'è sempre stata - assicura Boschi - e anche ora c'è", aggiunge sperando che su questa partita ci sia "tutto il Pd unito".
Ma sulle "eventuali preoccupazioni" che per far passare la riforma si crei una nuova maggioranza, Boschi non traccia solchi. Pur premettendo che uno scenario così sia "prematuro", il ministro concede però un'apertura a Fi sottolineando che sarebbe un bene "se Forza Italia cambiasse nuovamente idea, cosa a cui ci ha abituato spesso, e votasse con noi. Ma - mette un punto - se non lo fa andiamo avanti lo stesso". Punto che non piace alla minoranza Pd. E sempre dalla Festa dell'Unità di Milano, Bersani torna a mettere l'accento sulle frizioni con Renzi. "C'è un disagio, un problema politico che va affrontato: parecchia della nostra gente sta pensando che la si porti dove non vuole andare", spiega l'ex segretario Dem ricalcando quanto affermato da D'Alema, che al Corsera attacca Renzi sottolineando come stia danneggiando il partito. Ma se l'ex premier, su una possibile scissione, si limita a 'girare' la domanda a Speranza o Cuperlo, Bersani esclude l'ipotesi con un secco "tre volte mai".
Mentre sul tema delle riforme, se da un lato l'ex segretario nega qualsiasi volontà di far cadere il governo ed evidenzia come, alla fine, "una soluzione si troverà", dall'altro ribadisce il suo dissenso rispetto all'impianto prefigurato dall'Italicum e dal ddl Boschi. Porterà ad una "deformazione seria del processo democratico", è l'affondo di Bersani che sottolinea come Renzi, da capo del governo, dovrebbe "lasciare un minimo di margine" al Parlamento. Su un punto maggioranza e minoranza sono d'accordo: il problema nel Pd, è di fondo, ed è squisitamente politico. Problema che, nelle prossime settimane, rischia di ripercuotersi anche sulla legge di stabilità e sull'annunciato taglio di Imu e Tasi. Un taglio che "tocca un problema identitario, perché abbiamo sempre detto che chi ha di più deve mettere di più. Facciamo capire che siamo alternativi al centrodestra", è il messaggio di Bersani. E, prima della sessione di bilancio, il Pd, stavolta pressochè unito, è chiamato ad sbrogliare un ulteriore nodo, quelle delle unioni civili, sulle quali, nonostante la mediazione trovata ieri in commissione sulla specificità dell'istituto, la tensione con Ncd resta alta.
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