Matteo Renzi resta a Bruxelles, "bloccato" dalla trattativa europea per scongiurare la Brexit. E c'è qualcuno che auspica che il consiglio europeo possa così andare per le lunghe da far saltare l'assemblea del Pd di domenica, convocata per regolamento ma senza un ordine del giorno specifico. Quindi molto a rischio deflagrazione per gli scontri tra correnti che, in tempi di legge sulle unioni civili, sono tornate a mettere paletti e richieste, anzi, nel caso dei cattodem renziani, hanno trovato nei diritti civili il loro battesimo. Già nell'ultima direzione Matteo Renzi era stato chiaro: fino al 2018, anno in cui si andrà a votare, io ho molto da fare e non ho alcuna intenzione di occuparmi dei giochi dentro il Pd.
Anche domenica chiamerà il partito "alla responsabilità di governare l'Italia dopo averla fatta uscire dalla crisi". Ma se è vero che il premier ostenta distacco rispetto alle divisioni del Pd, al Nazareno si ipotizzano scenari per rilanciare il partito anche in vista delle elezioni politiche. E una delle road map che si ipotizza prevede il referendum sulle riforme ad ottobre 2016 e l'anticipo del congresso del Pd, nel caso di vittoria del referendum, ad inizio 2017, molto prima dei tempi previsti per statuto. In questo modo, con una leadership consolidata, Renzi potrebbe mettere a tacere le correnti e ridimensionare il ruolo della sinistra interna. Anche perchè, in prospettiva 2018, i posizionamenti tra correnti sono destinati ad accentuarsi. Basta guardare la rissa scoppiata per le unioni civili che ha aggiunto al panorama dem una nuova area: i cattodem, che unisce i cattolici dell'area Franceschini ad alcuni fedelissimi renziani, come Rosa Maria Di Giorgi e Stefano Lepri. Lo scenario del congresso anticipato non sarà, però, al centro dell'assemblea di domenica anche se uno dei punti su cui batterà la minoranza di Roberto Speranza e di Gianni Cuperlo sarà la mancanza di una guida a comando del partito. "Nei passaggi decisivi su tutte le riforme fondamentali, come il jobs act, il ddl Boschi e ora le unioni civili - è il ragionamento della sinistra - il Pd va in mille pezzi. Questo perchè manca un dibattito democratico e stavolta, siccome Renzi non richiama ad una linea precisa sulle unioni civili, anche alcuni tra i suoi fedelissimi alzano la testa e siamo al caos". Il bersaniano Miguel Gotor smentisce categoricamente che la minoranza abbia chiesto a Renzi di mettere la fiducia sul ddl Cirinnà. "Queste favole in realtà - chiarisce il senatore bersaniano - servono a coprire gli errori commessi dalla maggioranza del Pd e le divisioni presenti nel mondo renziano che il premier ha scelto o si è mostrato incapace di governare".
L'accusa della sinistra al leader dem sulle unioni civili domenica sarà, insomma, quella di timidezza, di non buttarsi a corpo morto su una riforma proprio da lui promessa alle primarie. Attacco che Renzi respingerà al mittente, rivendicando il merito di aver portato per primo in Parlamento un dibattito e una riforma sulle unioni di fatto che l'Italia aspetta da sempre. E assicurando che nei punti-chiave, i diritti anche per le coppie omosessuali, la legge sarà portata a casa.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA