La misura è colma. Dopo due mesi di tentativi di collaborazione e richieste di verità sulla morte di Giulio Regeni, l'Italia ha preso nei confronti dell'Egitto il primo dei provvedimenti annunciati, il richiamo a Roma per consultazioni dell'ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari.
"L'Italia ha preso un impegno con la famiglia Regeni, con la memoria di Giulio ma anche con la dignità con ciascuno di noi, che ci saremmo fermati solo davanti alla verità", ha spiegato il premier Matteo Renzi, in una conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri, non nascondendo la propria irritazione e la determinazione ad andare fino in fondo. "È fondamentale la valutazione degli inquirenti e dei magistrati", ha aggiunto. A far traboccare il vaso è stato infatti il fallimento del vertice romano di ieri e oggi tra gli investigatori italiani e quelli egiziani che, stando agli ambienti giudiziari di piazzale Clodio, hanno portato con sé dossier incompleti e deludenti.
"Vogliamo solo una cosa: la verità su Giulio", ha twittato anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, subito dopo la nota della Farnesina che annunciava la sua decisione. Una decisione "necessaria" - per il capo della diplomazia italiana - per "valutare con urgenza iniziative più opportune per rilanciare l'impegno volto ad accertare la verità sul barbaro omicidio di Regeni".
Il richiamo dell'ambasciatore è infatti solo un primo passo.
Massari rientrerà nelle prossime ore a Roma, appunto "per consultazioni" con il governo, che poi deciderà come proseguire nel pressing diplomatico nei confronti del Cairo, con possibili ripercussioni anche sugli importanti rapporti economici. Del resto, la presa di posizione era nell'aria e il vertice tra i pm era l'ultima possibilità che il governo italiano offriva all'Egitto per dimostrare le proprie reali intenzioni a fare luce sul caso. Lo stesso Gentiloni aveva avvertito, martedì scorso in Parlamento, che "se non ci sarà un cambio di marcia, il governo è pronto a reagire adottando misure immediate e proporzionate". E ora le forze politiche plaudono, in modo insolitamente unanime, alla decisione dell'esecutivo.
Il ministero degli Esteri egiziano non ha commentato, dichiarando di "non essere stato ancora informato ufficialmente" e di attendere dal rientro dei propri investigatori la valutazione sull'esito delle riunioni con i magistrati italiani.
Ma la morte di Regeni, le torture prolungate e inspiegabili inflitte al giovane ricercatore, le resistenze e i depistaggi del Cairo sono stati da subito un duro colpo nei rapporti tra i due Paesi. Rapporti che erano invece nati sotto i migliori auspici: Renzi fu il primo leader occidentale a recarsi al Cairo nell'estate del 2014 dopo l'elezione del presidente Abdel Fattah al Sisi, appena un anno dopo il colpo di Stato militare - con lo stesso Sisi a capo delle forze armate - che portò alla defenestrazione di Moahmmed Morsi. E a sua volta Sisi scelse proprio l'Italia, pochi mesi dopo, per inaugurare un suo tour europeo all'insegna delle relazioni economiche. Relazioni amichevoli che dal 3 febbraio, giorno del ritrovamento del cadavere di Giulio, sembrano ormai lontane anni luce.
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