Il Governo lavora senza sosta alla riforma della dirigenza pubblica, con novità su tutti i fronti dalla durata degli incarichi alla licenziabilità. Cambiamenti in arrivo quindi per oltre 30 mila 'capi', dislocati tra ministeri, agenzie fiscali e Regioni. Il decreto, che attua la delega Madia, dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri in settimana insieme a un'altra serie di provvedimenti targati P.a, compreso il nuovo Codice dell'amministrazione digitale, in cui saranno definiti i paletti per un addio soft alla carta.
Con tutta probabilità sarà reso meno perentorio il termine del 12 agosto come data ultima per lo switch off al formato elettronico. Tornando ai dirigenti pubblici, si tratta di una riforma nella riforma, perno su cui deve girare l'intera macchina dello Stato. Tra i punti fermi: la durata degli incarichi di due anni, dopo di che bisogna ripassare per una selezione. Ma l'esperienza può finire prima, infatti se non si raggiungono i target fissati scatta la revoca o salta la retribuzione di risultato (-80%). Soprattutto non si è dirigenti a vita e se si resta privi di incarico dopo un certo periodo, l'ipotesi è quella di sei anni, c'è la "decadenza" dal ruolo, che letta fuori da tecnicismi significa licenziabilità (le bozze parlano anche di una decurtazione dello stipendio). La riforma regola anche l'accesso alla dirigenza: non basta passare il concorso, per essere confermati occorre superare un periodo di prova di tre anni, altrimenti c'è il declassamento a funzionari. Inoltre diventa obbligatoria la laurea specialistica e per chi viene chiamato, senza concorso, si va verso un tetto unico del 10%.
Altro caposaldo della riforma: eliminazione della fasce ed unificazione dei ruoli, il dirigente è dirigente della Repubblica e non di una singola amministrazione. A vigilare su tutto saranno tre commissioni, una per ogni livello (statale, regionale e locale). Si sta poi valutando una disciplina 'rafforzata' per i posti a rischio corruzione, con la possibilità di rimozione anche in presenza di condanne non definitive da parte della Corte dei Conti. Verso il Cdm, le date in ballo sono mercoledì 10 e giovedì 11, anche il nuovo Codice dell'amministrazione digitale, che tra l'altro prevede il domicilio elettronico, lo sblocco ai micropagamenti via sms, l'incentivo allo smartworking, l'istituzione di un commissario ufficiale all'Agenzia digitale.
Non solo, nel testo dovrebbe essere inserita una clausola che congela le ormai vecchie regole per la formazione dei documenti informatici, svolta per chiudere con la carta nella P.a. Si tratterebbe di uno stop di sei mesi, necessario per aggiornare il quadro e permettere ai ritardatari di recuperare. Di certo per la fine della settimana sarà legge il provvedimento 'taglia partecipate': già confezionato, aspetta solo l'ultimo vaglio da palazzo Chigi. Figli della delega Madia, pressoché pronti per il Cdm, anche i decreti sul processo contabile, il riordino delle Camere di commercio e degli enti di ricerca. Se qualcosa dovesse restare fuori c'è già una data di riserva: il 25 agosto. Insomma la P.a. non va in vacanza.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA