Iniziare con lo 'smistamento' della posta in una sede periferica fino ad arrivare alla carica più alta, quella di governatore, e gestire alcune fra le fasi più importanti dell'istituto e dell'economia italiana, perchè "anche se ti assegnano un compito modesto, sta a te renderlo più importante". Il lungo percorso nella Banca d'Italia di Carlo Azeglio Ciampi dura 47 anni, per poi passare sempre al servizio delle istituzioni prima al governo e poi alla presidenza della Repubblica. E può essere racchiuso in quella frase contenuta nella conversazione con Arrigo Levi che ha dato vita al libro 'Da Livorno al Quirinale - Storia di un italiano (Il Mulino, Bologna, 2010).
Un percorso che lo rende un 'unicum' fra i governatori come lui stesso sottolinea: "io credo, per la verità, di essere stato l'unico Governatore che abbia avuto una conoscenza completa della Banca" Ciampi infatti all'istituto centrale arriva come 'avventizio' della filiale di Livorno subito dopo la guerra nel 1946 dopo aver conseguito due lauree (in Lettere e in Giurisprudenza) e il diploma alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Nel suo libro (A un giovane italiano, Rizzoli, Milano, 2012) rileva che "insegnare italiano e latino al liceo era stato molto più appagante, intellettualmente più gratificante che non essere 'avventizio' alla Filiale di Livorno della Banca d'Italia" tuttavia gli preme sottolineare che "a Livorno l'incarico di protocollare tutte le lettere in arrivo e poi di ricopiare tutte quelle in partenza […] fu utilissimo" perché gli consentiva di essere "l'unico a conoscere l'attività della filiale per intero".
Successivamente viene trasferito alla Filiale di Macerata nel 1951, viene inquadrato nella carriera direttiva. Nove anni dopo entra al Servizio Studi economici, a Roma, dove lavora all'Ufficio Produzione e prezzi e, successivamente, all'Ufficio Congiuntura e Contabilità nazionale. A quattro anni dall'arrivo al Servizio Studi, Ciampi comincia a rappresentare la Banca in riunioni internazionali; affronta la prova di esame per diventare dirigente e si classifica in prima posizione. Diventa capo del Servizio Studi nel 1970, a dieci anni dall'arrivo a Roma.
Nel 1973 viene nominato Segretario generale della Banca d'Italia, posizione che ricopre per tre anni. È Vice direttore generale nel 1976, Direttore generale nel 1978, Governatore il 7 ottobre 1979. Lì rimane per 14 anni operando grandi cambiamenti: dal 'divorzio' con il Tesoro, alla privatizzazione delle banche fino al cammino verso l'euro ma anche grandi difficoltà: il caso Ambrosiano e la svalutazione della lira in primis.
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