Renzi lascia Bratislava insoddisfatto e non lo nasconde né in conferenza stampa né dopo, in viaggio verso Firenze. A deluderlo ancora una volta il mancato appoggio concreto sull'immigrazione: si è perso tempo "dicendo sempre le stesse cose". Al termine di un vertice così importante, è il suo sfogo, non è possibile trovarsi di fronte un documento nel quale non c'è neppure la parola Africa dopo il riconoscimento dato da tutti sull'importanza del migration compact proposto dall'Italia.
L'orizzonte per ridare un senso all'Unione è stretto e le parole non bastano più. Anche perché lui sull'immigrazione, come sulla crescita, ci ha messo la faccia, si è impegnato su due fronti, interno ed europeo. E ora vuole raccogliere i frutti, anche in vista del referendum. Per questo Renzi ha deciso di non usare giri di parole. Mostrando tutta la distanza che in ogni caso gli avrebbe impedito di partecipare ad una conferenza stampa a tre con Angela Merkel e Francois Hollande. Certo la decisione della cancelliera e del presidente francese di tornare al vecchio format, che ha stupito anche molte delegazioni, non fa piacere.
Ma durante il vertice, seppure non ci siano stati scontri diretti, le distanze sono emerse in modo fin troppo chiaro perché potesse essere pensabile un format differente. Del resto il premier sa di avere davanti nei prossimi mesi un percorso in salita prima del referendum. E l'idea che in caso di risultato positivo, superato lo scoglio più difficile, possa finire per essere siglato proprio a Roma, dove si svolgeranno a marzo le celebrazioni dei trattati, il fallimento di un'Europa troppo debole per cambiare rotta, è inaccettabile. Per questo Renzi ha deciso di alzare l'asticella, puntando ad imporre la linea italiana sui due dossier principali, crescita e immigrazione, molto sentiti anche in Italia e pane per i denti dei populisti europei come italiani. Un'Europa sorda a tutto ciò rischia anche di rendere ancora più insidioso il percorso verso il referendum. E l'endorsement giunto pochi giorni fa dalla cancelliera rischia di diventare un boomerang a fronte di una Germania che torna indietro sulla flessibilità, rinsalda un vecchio asse e rappresenta un'Europa che, continuando a non decidere, finisce per rinsaldare quell'idea di lontananza dalla gente che non fa altro che portare voti ai populisti. Anche di casa nostra.
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