A venti giorni dal referendum e a quattro dal traguardo dei mille giorni di governo, lo spread sfonda la soglia dei 180 punti per poi chiudere a 176 con piazza Affari maglia nera delle piazze europee. Oscillazioni che il premier Matteo Renzi definisce "ovvie" perchè "se c'è incertezza lo spread aumenta". Ma il chiarimento che si tratta di "una constatazione, non di una minaccia" non salva il presidente del consiglio dall'attacco delle opposizioni, aggiungendo una nuova miccia ad una battaglia referendaria già infuocata. Con un tour de force in giro per l'Italia, Matteo Renzi si gioca il tutto e per tutto, chiarendo ancora una volta di non essere, a differenza dei politici del passato, "adatto a vivacchiare, a galleggiare".
Non preoccupato dai sondaggi negativi, a maggior ragione dopo il clamoroso flop degli istituti nelle elezioni Usa, il premier lega il sì al referendum "al punto di partenza per poter impostare il futuro e far svoltare il paese". Ma in attesa del 4 dicembre, i mercati sono agitati e lo spread torna a salire, segno, osserva il direttore generale di Banca Generali Gian Maria Mossa, "di una certa preoccupazione". Un incremento che certo non fa piacere al premier che lo considera conseguenza dell'"incertezza" così come, altro lato della medaglia, per il presidente della Bce Mario Draghi "la stabilità è essenziale per fare riforme ben disegnate". L'analisi del premier scatena le opposizioni, che mettono all'indice il terrorismo psicologico messo in piedi dal governo in caso di vittoria del No.
"La minaccia dello spread - attacca Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana - è solo l'ultimo, scomposto tentativo di Matteo Renzi di condizionare il voto degli italiani". Per Brunetta è il presidente del consiglio "ad aizzare in modo irresponsabile la speculazione con affermazioni da paese sudamericano". Se c'è un responsabile della "lacerazione" dell'Italia, rincara Massimo D'Alema, è proprio il leader dem, "una figura che non porta unità in un paese che ne avrebbe bisogno a maggior ragione di fronte al rischio populista che viene dall'elezione di Trump in America".
Ma Renzi non teme che l'ondata populista investa il referendum anche perchè nella partita referendaria il sistema è rappresentato da "chi difende i rimborsi dei consiglieri, dai professoroni che con una superpensione criticano la riforma" e dai vecchi politici che "dopo essersi allegramente disinteressati delle riforme per 30 anni ora vogliono tornare al potere". Ma, se il premier non teme l'onda lunga del populismo, a detta del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sull'esito del referendum sono preoccupati "tutti i ministri degli Esteri europei e nel mondo tutti guardano" al voto italiano. Nella caccia ai voti "casa per casa", regione per regione, il premier finisce nel mirino di un'interrogazione M5S per l'utilizzo di un elicottero di Stato "da Messina a Reggio Calabria, in occasione della sua campagna referendaria pro sì dello scorso ottobre".
E subisce il fuoco amico di una gaffe del comitato 'Basta un sì' che, inviando le già contestate lettere agli italiani all'estero, la spedisce ai connazionali in Israele con l'intestazione Gerusalemme-Palestina. Un errore che il Comitato, pronto a inviare di nuovo le lettere, addossa all'anagrafe degli italiani all'estero (Aire), che inserirebbe ancora Gerusalemme nella Palestina del mandato britannico.
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