Angela Merkel, Theresa May ma anche la nostra Federica Mogherini. Sono esempi di donne riuscite ad ottenere ruoli apicali di potere a livello europeo a discapito di colleghi maschi. Troppo poche ancora. Anche se qualcosa, anche nel nostro Paese, sembra muoversi se si guarda all'elezione di due donne alla guida di due grandi comuni italiani, Virginia Raggi e Chiara Appendino. O alla presidenza della Camera con Laura Boldrini (preceduta dai soli due casi di Nilde Iotti e Irene Pivetti).
La parità resta ancora un miraggio, però, soprattutto se si guarda ai dati che dicono che, di fatto, è ancora fermo al 30% il dato delle donne nei posti che contano. Lo fa capire chiaramente il MINI DOSSIER DI OPENPOLIS dall'eloquente titolo 'Trova l'intrusa' (sottinteso: nei luoghi che contano). Gli ambiti di analisi del dossier sono la politica e le aziende quotate e i livelli istituzionali analizzati sono quattro: Comuni, regioni, Italia ed Europa.
"Il 30% - si legge nell'introduzione del dossier - è il numero delle donne in alcuni dei luoghi che contano. Nella politica e nell’economia, nei settori dove si prendono decisioni importanti per tutti, si potrebbe dire che le donne si sono fatte almeno un po’ di largo. Nel parlamento italiano e in quello europeo, per esempio, si aggira attorno a questa percentuale la quantità di donne titolari di un seggio. Presenza che sale anche di più negli organi di governo delle amministrazioni locali. E per la prima volta nel 2016 le donne hanno conquistato il 30% di incarichi nei consigli di amministrazione delle aziende quotate nella borsa italiana. Un terzo o quasi potrebbe essere il dato di un equilibrio che procede, che si porta avanti, piano piano ma forse meno lentamente di quanto temuto. Ma vedere solo questo dato sarebbe riduttivo. Questo terzo o quasi sul totale ha infatti in un peso relativamente basso. È un ottimo punto di partenza, ma se l’analisi si sposta dal dato quantitativo all’aspetto qualitativo emergono subito delle grandi differenze".
POTERE ALLE DONNE - Alle ultime elezioni amministrative due donne sono state elette sindache in due grandi città italiane, Roma e Torino. Una novità non da poco, anche se i dati mostrano comunque una difficoltà delle donne a farsi eleggere. Nei 106 capoluoghi di provincia le sindache sono solo 9 in tutto, l’8,4%. Man mano che si risalgono i vari livelli istituzionali si osserva che la maggiore presenza femminile rimane confinata alla base e si assottiglia ai vertici, spesso in modo molto consistente. A livello nazionale la tendenza è confermata sia nel parlamento, quando si vanno a guardare gli incarichi importanti ricoperti da deputate e senatrici, sia al governo quando si contano le ministre rispetto a viceministre e sottosegretarie, e ancor più se si tiene presente quali donne guidano dicasteri con portafoglio o senza. Infine l’Europa: qui le donne sono il 37% in parlamento, l’istituzione eletta direttamente dai cittadini europei, e il 31% in commissione europea, l’organo che rappresenta gli interessi dell’unione nel suo insieme e i cui membri sono nominati dai governi nazionali. Tuttavia nelle istituzioni europee il rapporto tra rappresentanza e sedi decisionali non è così diretto come nei governi nazionali e l’assetto istituzionale è abbastanza più complesso. Così buona parte delle linee politiche viene presa in sedi diverse, composte da rappresentanti inviati di volta in volta dai governi nazionali e scelti a loro discrezione. Alle ultime riunioni dell’ecofin solo il 10,71% dei partecipanti era donna, fino a crollare al 3,57% del consiglio affari esteri (una su 28).
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