Da Lesbo a Lund una forte accelerazione ecumenica nel senso della carità comune e, con le altre fedi, in particolare nel dialogo con i sunniti di Al-Azhar, una efficace alleanza per la pace e contro i fondamentalismi "religiosi". E' l'acquisizione di "politica estera" che più colpisce nel quarto anno di pontificato di Jorge Mario Bergoglio, che si conclude lunedì 13 marzo: un fatto dagli esiti indiscutibili, mentre più difficili da valutare sono i risultati concreti dell'impegno in prima persona che papa Francesco ha assunto nel fare entrare la questione dei migranti al centro delle preoccupazioni mondiali e europee, e di quello per bloccare le derive della globalizzazione capitalista elaborando modelli economici di comunione e inclusivi dei più poveri. Se invece guardiamo alla vita della Chiesa, dobbiamo considerare l'applicazione nelle diocesi della "Amoris laetitia", cioè delle acquisizioni dei due sinodi sulla famiglia, con anche le critiche che ha suscitato da parte di alcuni porporati e, altro settore della Riforma, il procedere dello snellimento della curia, parte importante della nuova costituzione che si sta elaborando. Due ulteriori elementi per una valutazione "ad intra" del quarto anno bergogliano sono poi il rapporto con i gesuiti e con il loro nuovo generale, il venezuelano Antonio Sosa, e il rapporto con la Chiesa italiana che si avvicina al cambio epocale del metodo di scelta del presidente: non più indicato dal Papa, ma scelto da questi in una terna indicata dalla Conferenza episcopale.
La coda del quarto anno porta infine una accentuazione di polemica tradizionalista contro un Papa considerato da alcuni "poco cattolico", o troppo indulgente alla misericordia a svantaggio della dottrina. Oltre alle critiche - legittime per il popolo di Dio e doverose per vescovi e uomini di Chiesa - sono infatti comparsi i manifesti irrisori e la falsa edizione dell'Osservatore romano. Nella recentissima intervista a Die Zeit, papa Francesco ha ribadito che le critiche sono utili, ma il falso Osservatore romano non va considerato come critica utile. Manifesti e falso sembrano la versione aggiornata delle stilettate di ambienti romani al Papa, non solo a quello latinoamericano, metodo antico sempre pronto a tornare in auge quando non siano risultati efficaci altri elementi polemici o semplicemente quando si voglia far confusione, per i motivi più diversi e da parte dei soggetti più diversi. La ricezione della esortazione apostolica sulla gioia della famiglia, come appare dagli interventi di diverse conferenze episcopali pubblicati dall'Osservatore romano, sembra procedere nell'adeguamento della pastorale, e sembra andare incontro al sentire di moltissimi fedeli, parroci, laici e religiosi. Ma proprio sulla "Amoris laetitia" si sono appuntati i "dubia" di quattro cardinali, Raymond Burke, Carlo Caffarra, Walter Brandmueller e Joachim Meisner in particolare riguardo alla pastorale verso i divorziati risposati.
Tra i "dubia" dei quattro e la ricezione nelle diocesi, non sembrano esserci ulteriori sfumature di consenso o dissenso, anche se una verifica esaustiva risulta difficile. I sinodi sulla famiglia, e quello annunciato per il 2018 sui giovani, sono parte integrante della riforma della Chiesa nel senso della collegialità e sinodalità, mentre per la riforma delle strutture dobbiamo considerare gli accorpamenti e snellimenti, tra nuovi dicasteri e Segreteria per la comunicazione, parte della nuova costituzione sulla curia che è ancora in bozza. Se per i due nuovi "ministeri" su Sviluppo umano integrale e Laici, famiglia, vita, la filosofia di fondo è chiara, la Segreteria per la comunicazione è ancora impegnata in necessarie razionalizzazioni e economie produttive, ma non sembra ancora manifestamente chiarita la missione culturale e pastorale di questo settore nevralgico. Rinsaldato il legame del Papa con la Compagnia di Gesù nella 36.ma Congregazioni generale dello scorso autunno, grazie anche all'elezione del latinoamericano Sosa al generalato, i gesuiti sperimentano un nuovo modo di essere al servizio del Papa, e lo sperimentano in cammino. Il rapporto di papa Francesco con la nuova fase della Chiesa italiana infine è di interesse perché la Chiesa di cui il Papa è primate sperimenta dall'elezione di Bergoglio tutte le difficoltà di un cambio di rotta nei rapporti con la politica, con la società civile e con la pastorale, più che cambio di rotta, cambio di pelle dopo gli anni di Ruini e del ruinismo, del nefasto abbraccio con il centrodestra, della carità sostenuta dai soldi pubblici, di una devozione che stentava a farsi fede di popolo. La riforma della Chiesa italiana è per certi aspetti una rivoluzione, e laici, preti e vescovi sono ancora in mezzo al guado.
(giovanna.chirri@ansa.it)
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