Luigi Di Maio e Matteo Salvini battibeccano a distanza, il Movimento Cinque stelle prova a smuovere le acque avviando una sorta di pre-consultazioni (solo a livello di gruppi parlamentari) ma il Pd si mette di traverso facendo sapere che parlerà solo con Mattarella. Quindi niente trattative dirette Pd-M5s. Ma dietro le quinte di questo "rumor di spade" gli entourage di Salvini e Di Maio lanciano messaggi di serenità facendo intendere che il dialogo non è interrotto ma solo congelato. Per far maturare il frutto impiantato serve tempo. Un gioco delle parti per sondare, in questa fase delicatissima, la tenuta dell'avversario? Toni alti e piccole provocazioni per tenere tranquilli militanti perplessi? Il dubbio è lecito anche perché tutti gli attori in scena chiedono tempo al Quirinale.
Tanto tempo. Certamente tutto torna al quattro marzo quando il rebus si manifestò con le sue difficoltà. E oggi il Quirinale diventa centrale per agevolare una qualche soluzione dello stallo. Lo si aspetta e lo si corteggia in un richiamo, a tratti ossessivo, che svela quanto serva una spinta esterna ai contendenti. Ma è presto per tirare per la giacchetta Mattarella che rimane fermo nella convinzione che la parola tocchi ancora ai partiti. Le consultazioni partiranno mercoledì 4 aprile e occuperanno tutta la settimana dopo Pasqua. Sarà la prima occasione per il presidente di valutare le vere intenzioni delle forze politiche. Ma già si è messo in cantiere un secondo giro di consultazioni la settimana dopo a conferma che Mattarella è ben conscio delle difficoltà sul terreno e delle richieste che vengono soprattutto da Lega e M5s. Per il momento il capo dello Stato è fermo nella determinazione di concedere l'incarico a chi ha più chance. O meglio, un pre-incarico che potrebbe essere affidato, in caso di stallo, a una figura terza. Personalità che dovrebbe essere indicata come facilitatrice sempre dalle forze politiche.
Solo come extrema ratio, se richiesto pubblicamente dalle forze politiche, il presidente assumerebbe la regia di un tentativo finale scegliendo lui una figura che abbia il carisma per tentare almeno un governo di scopo. Come si vede dovrà passare parecchia acqua sotto i ponti prima che il presidente assuma un ruolo pro-attivo nella crisi. Certamente la mossa del Pd, annunciata dal segretario reggente Maurizio Martina, di non partecipare agli incontri programmati dai pentastellati depotenzia molto la strategia di Di Maio di tenere la porta aperta anche ai Dem. Più si alzano i toni tra Lega e M5s più si aprono gli spazi per il Pd che, a sua volta, sembra affidarsi anima e cuore a Mattarella, pur confermando la scelta dell'opposizione.
Ma i Cinque stelle non ci stanno e accusano il Pd di irresponsabilità. Una strada, quella della responsabilità, che il M5S sta percorrendo per cercare di uscire da una sorta di "cul de sac" in cui rischia di trovarsi, stretto dalle chiusure della Lega e da quelle, più nette, dei Dem. E tra i grillini si fa sempre più strada la convinzione che il Pd non reggerebbe l'urto spaccandosi, mentre a Di Maio servirebbero tutti i voti del Pd per avere una maggioranza. Intanto si avvicinano due scadenze che potrebbero rallentare ancora di più la corsa verso il Governo: il Def e le elezioni regionali. Sul Def c'è la possibilità di presentare risoluzioni che potrebbero essere votate in aula e potrebbe essere un'ulteriore occasione di accordo o di scontro tra Lega e M5s. Il 22 aprile si vota nel piccolo Molise, mentre il 29 in Friuli Venezia Giulia. Battaglia decisiva per Salvini che ha lanciato il suo fedelissimo Fedriga. E in molti pensano che al leader della Lega servirebbe "scavallare" quella data per poi dare battaglia. Quella vera
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