Si è conclusa poco dopo le 6 di stamani nell'Aula della Camera l'illustrazione degli ordini del giorno al decreto legge Milleproroghe, una maratona oratoria ostruzionistica durata tutta la notte cui hanno preso parte quasi esclusivamente i deputati del Pd. I lavori dell'Assemblea di Montecitorio riprenderanno alle 10, quando verranno espressi i pareri sugli ordini del giorno: a quel punto il Pd potrà continuare a praticare ostruzionismo facendo intervenire i propri deputati sia in dichiarazione di voto sugli odg sia, successivamente, in dichiarazione finale sull'intero provvedimento. Non è, dunque, allo stato prevedibile con certezza quando si perverrà al voto finale.
Prima fiducia sul Milleproroghe, 329 sì senza fare pieno - Il governo Conte incassa la prima fiducia posta alla Camera su un provvedimento, il Milleproroghe che taglia 1,6 miliardi ai fondi per le periferie e prevede l'autocertificazione per i vaccini nelle scuole: l'esecutivo ha avuto dalla sua 329 voti a favore, in flessione rispetto ai 350 avuti il 6 giugno, il giorno dell'insediamento. Ora si attende il voto finale sul decreto, con l'ostruzionismo Pd. Un atteggiamento duro, quello dei Dem, che si preannuncia anche per il terzo e definitivo passaggio in Senato. In questo contesto il vicepremier Salvini ha riacceso la polemica con i sindaci. In aula la maggioranza ha sostanzialmente retto, nonostante le critiche di molti sindaci Lega e M5s al taglio dei fondi per le periferie.
Alla fine i voti mancanti non giustificati sono sette (12 assenti erano in missione e quindi giustificati), cinque di M5s (Cabras, Corneli e la no-vax Cunial) e due della Lega (Bazzaro e Covolo). Hanno invece votato la fiducia due deputati pro-vax di M5s medici, Carmelo Misiti e Giorgio Trizzino, contrari alla norma con l'autocertificazione per i vaccini. Quanto agli altri partiti Fdi non ha partecipato al voto (il 6 giugno si astenne), mentre Fi e Pd hanno votato contro. I Dem hanno avviato un ostruzionismo sugli ordini del giorno, scelta criticata da Fi. Difficile prevedere il momento del voto finale sul decreto, che dovrebbe essere sabato a meno di un accordo: i Dem chiedono un impegno sul ripristino dei fondi alle periferie, seppur in tre anni, promesso dal premier Conte all'Anci. In tal caso il Pd interromperebbe il proprio filibustering, con un voto sul decreto già venerdì.
Fuori dalle aule parlamentari fanno sentire la loro protesta i sindaci e i Governatori. A rinfocolare le polemiche è il vicepremier Matteo Salvini che ha minacciato di non dare a tutti i Comuni i fondi (molti dei quali già impegnati e con lavori avviati): "Chi ha fatto progetti seri e veri userà quei soldi, chi ha fatto progetti alla renziana, con dei disegnini sui fogli di carta, evidentemente no". "Quei progetti - ha replicato Matteo Renzi - non li ho fatti io, non sono 'alla renziana'. Sono i progetti che i sindaci nella loro autonomia hanno costruito e che il mio Governo ha semplicemente finanziato". E il presidente dell'Anci Antonio Decaro, ricordando le promesse di Conte ha commentato: "noi sindaci, possiamo fidarci della parola del presidente del Consiglio, o vale più quella del suo vice?". E minaccia la rottura dei rapporti col governo.
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