"Mi hanno voluto nella segreteria nazionale non certo perché sono omosessuale. E' ovvio che le tematiche Lgbt faranno parte della mia attività, ma non mi occuperò solo di quello: vorrebbe dire svilire il mio ruolo e quello del sindacato. Siamo vecchi, pochi, con stipendi ridotti, senza ricambio e senza contratto. Queste sono le priorità".
Michela Pascali ha le idee chiare su come si deve fare sindacato, anche se sa benissimo che la sua elezione nella segreteria nazionale del Silp-Cgil, uno dei sindacati più numerosi della Polizia, rappresenta un simbolo: è la prima poliziotta dichiaratamente omosessuale a raggiungere il vertice di un'organismo di rappresentanza delle forze dell'ordine.
Da vent'anni in Polizia, Michela ha 45 anni e almeno 2 vite: la prima, con un un marito e 2 figli che oggi hanno 17 e 14 anni; la seconda, iniziata dieci anni fa con la separazione e proseguita con la scoperta della sua omosessualità fino all'arrivo di Benedetta, la sua compagna. "Ma ho un rapporto ottimo con i miei figli e anche con il loro babbo, siamo una famiglia bellissima" dice soddisfatta. Michela è stata prima alla Polfer di Milano e poi è arrivata in questura a Firenze, dove è assistente capo con il ruolo di tecnico informatico.
Impegnata da tempo sulle tematiche Lgbt (è vicepresidente dell'associazione 'Polis Aperta'), a giugno si è vista negare dalla questura la possibilità di partecipare in divisa alla riunione a Parigi dell'European Glbt Police Association, organismo che riunisce le associazioni che in 16 paesi si battono per il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali tra le forze di polizia e armate. Divieto cancellato dal Dipartimento, purché la partecipazione fosse fuori dal servizio.
Ma Michela oggi preferisce parlare d'altro. "Spero - dice - che la mia elezione possa aiutare tanti colleghi a fare coming out, a consentire a tutti quelli che vivono un disagio di uscire fuori senza vergognarsi di quello che sono". Anche perché lei in 20 anni ne ha subiti di comportamenti omofobi. Dunque sa di cosa parla. "Ma alla fine in caserma è come nella vita reale, dipende chi hai di fronte. Ci sono colleghi e funzionari che hanno una sensibilità enorme e che hanno sempre rispettato le mie scelte, altri invece che operano in maniera sessista. I problemi principali - racconta - li lo ho avuti con delle colleghe non dichiarate ma omosessuali. Il solo accostamento con me da parte degli altri scatenava in loro reazioni pesanti, un atteggiamento provocato dalla paura. E' un problema culturale, c'è nella polizia, nelle forze armate e nella vita reale".
Ora però le priorità di Michela sindacalista sono altre.
"Innanzitutto il ricambio generazionale. Ma prima ancora bisogna lavorare sul disagio tra i colleghi. Abbiamo fondi risicati e questo governo certo non ha cambiato la situazione, si lavora sempre più in emergenza, siamo a ranghi ridotti e con un'età elevata. E poi le responsabilità, come poliziotti e come uomini e donne, sono enormi". E le promesse di Salvini? "L'impressione è che sia solo propaganda, le azioni messe in campo non vanno verso quello che serve alle forze di polizia. E anzi - sottolinea - con il decreto sicurezza la situazione può degenerare perché ci ritroveremo in strada persone che non hanno più tutele. Questo non farà altro che aumentare la percezione di paure e la situazione potrebbe esplodere".
Così come potrebbero tornare nei suoi confronti le aggressioni omofobe, ora che è ancora più in vista. "Io non voglio fare come chi mi discrimina - risponde convinta - I miei muri li abbatto da sempre. Spero lo facciano anche gli altri. Altrimenti risponderò come ho sempre fatto".
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