Le donne si fermino l’8 marzo. Si fermino “nei luoghi pubblici e privati, nelle relazioni sociali e in quelle più intime, nei luoghi della politica e in quelli del mercato”. Lo facciano nei tempi e nei modi tali da farle uscire dall’invisibilità quotidiana. Con il sostegno allo sciopero globale delle donne, che è comunque ancora “un’aspettativa”, e con un forte richiamo ad azioni più incisive contro la mattanza nel nostro paese della violenza di genere, l’Udi (Unione donne in Italia) si appresta a celebrare il prossimo 8 marzo. E ha scelto uno slogan sollecitato dalla cronaca del #meetoo: “Mai stare zitte! Mai state zitte! Contro la violenza maschile, insieme”. Tante mani di donne di diversi colori si incrociano e si incontrano nel manifesto di questa edizione.
“Il #meetoo – afferma Vittoria Tola della segreteria nazionale della storica associazione – ha abbattuto il silenzio di donne che di solito non parlavano, di un mondo come quello dello spettacolo non abituato a parlare di molestie e violenze. Questo è un grande passo in avanti. L’Udi ha voluto però sottolineare che noi non siamo mai state zitte e ha voluto ribadire che mai si deve stare zitte”. E’ un nuovo invito a denunciare sempre, soprattutto alle troppe donne che ancora non hanno la forza di farlo, a quelle che non sono credute dalle istituzioni.
“Da oltre 40 anni – prosegue Tola – stiamo sostenendo che la violenza maschile contro le donne non è un’emergenza, è una violenza strutturale e sistemica. Può essere combattuta mettendo al centro il credere alle donne, il rispetto della Convenzione di Instanbul, agendo sulla prevenzione, sugli aiuti immediati e concreti alle donne in difficoltà e sulla punizione dei colpevoli”. Dopo tanti drammatici fatti, “si conferma la necessità, oltre che di centri antiviolenza, di interventi capillari sulle prime figure istituzionali e di aiuto, fra queste le forze di polizia, assistenti sociali, operatori e operatrici sanitarie, che entrano in contatto con la donna abusata e maltrattata e che devono fare i conti anche con i loro pregiudizi. Vanno quindi costruite le condizioni perché le donne sia ascoltate e credute. Altrimenti, e la vicenda di Cisterna lo dimostra, si produce un circuito pericoloso e tragico ma di cui vanno individuati i colpevoli e dove le parole di sgomento e condanna non bastano più”. Ora c’è un Piano nazionale antiviolenza: “alle parole, anche quelle dei politici che commentano disgustati i femminicidi quando avvengono o quando li strumentalizzano, devono corrispondere i fatti che finora non sono stati sufficienti”.
Ancora troppe discriminazioni di genere sono in atto, dal diritto al lavoro all’autodeterminazione nella maternità, da uno stato sociale vero alla discriminazione salariale e nella rappresentanza politica. Ecco che lo sciopero delle donne può avere un ruolo significativo, è “un’aspettativa”, sostiene Tola. Incrociare le braccia “può essere un modo per sovvertire il mondo”. “Noi speriamo – si legge in un documento dell’Udi – di arrivare un giorno a realizzare lo sciopero globale delle donne dal lavoro produttivo e riproduttivo, uno sciopero che assumendo lo strumento storicamente contrattato dentro i diritti sindacali del lavoro dipendente, lo trasforma in un gesto di sottrazione che rende visibili tutti i lavori invisibili e sfruttati in cui sonno ancora confinate moltissime donne. Un gesto che oggi possiamo esprimere in molti modi, scegliendo quando come e dove manifestare insieme, quali scelte individuali e quali scelte collettive possiamo praticare perché sostenibili dalle nostre vite”. Come ogni anno per l’8 marzo, sono in programma manifestazioni ed eventi; l’Udi sarà presente alla celebrazione al Quirinale, in piazza a Roma nel pomeriggio e in tanti eventi in tante città grandi e piccole in Italia.
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