"Il presidente non guarda bozze ma testi definiti, frutto delle responsabilità dei partiti che concludono accordi di governo". E' tutta in questa frase la cifra dell'impulso - e della pressione - che il Quirinale sta esercitando su Luigi Di Maio e Matteo Salvini per fare presto e, soprattutto, fare bene. Non sfuggono alla presidenza della Repubblica il nervosismo dei Mercati e i primi sussulti dello spread. Attende quindi, senza stressare, al massimo per lunedì il nome del candidato premier. Il programma spetta alle forze politiche, naturalmente se non mette nero su bianco l'improponibile. La "responsabilità" è appunto dei partiti, ma Lega e Movimento Cinque stelle già sanno cosa proprio non possono portare al presidente della Repubblica.
I confini invalicabili li ha già tracciati lo stesso Mattarella nei giorni scorsi. E quello che non va era scritto anche in quella bozza consegnata al Colle lunedì scorso durante non facili consultazioni. Forse un ingenuo tentativo di tastare il terreno per far passare posizioni non digeribili sull'Europa e sui conti pubblici. Ondeggiamenti e indecisioni che il capo dello Stato ha accolto con stupore, visto che alla vigilia sia Salvini che Di Maio sembravano aver chiuso "su tutto", dai programmi al nome del premier.
Bozza non letta quindi ma soprattutto non ricevibile. Il presidente attende il "testo definitivo". Cioè quello possibile per riuscire a varare un Governo politico di programma. Documento che Lega e M5s dicono oggi essere praticamente pronto e mondato di quelle "proposte stravaganti" di cui ha parlato questa sera il premier uscente Paolo Gentiloni. Termine che forse avrebbe potuto usare con benevolenza anche Mattarella se non fosse parte in causa di un processo delicato e fragilissimo.
Che certo non vuole mandare in frantumi proprio il Quirinale dove regna la prudenza ma anche un paterno accompagnamento pedagogico. Sia perchè il governo Lega-M5s è l'ultima spiaggia prima delle elezioni, sia perchè ci si trova in acque sconosciute dove due forze politiche che si sono aspramente combattute in campagna elettorale ora rischiano di affogare insieme nell'inesperienza. Con il rischio all'orizzonte di una crisi di sistema se anche il ritorno alle elezioni proponesse all'esame del Colle una situazione invariata con forze politiche bloccate dall'assenza di una maggioranza autonoma. Rischio ben chiaro a Mattarella che per ora tiene i nervi saldi anche di fronte ai primi segnali di risveglio dello spread.