Da almeno quindici anni la contrapposizione tra cultura classica e cultura scientifica, soprattutto all'interno del comparto educativo nazionale, è un argomento affrontato dai media, dai politici, dalle istituzioni. Meglio un curriculum classico o un curriculum scientifico? Cosa conviene sapere di più ai nostri ragazzi? Lo studio del latino, questo sconosciuto, servirà ancora ai futuri Millenials?
Parafrasando un famoso comico, le domande sono mal poste perché partono comunque da un presupposto errato: che la scuola debba formare individui adatti al lavoro, meglio se iperprofessionalizzante e tecnologico.
In realtà l'Istruzione, con la I maiuscola, dovrebbe essere di vitale importanza per formare donne e uomini consapevoli delle loro potenzialità, della loro storia, dei loro desideri. Per tutto questo non c'è cultura umanistica che possa prevalere sulla scientifica o viceversa. Capire Cicerone è importante tanto quanto conoscere le basi biologiche del nostro essere, e sapere tutto di programmazione in C++ non ci servirà se le grandi utopie del Novecento ci sono del tutto sconosciute.
La disputa non è tra umanisti e tecnocrati, ma tra chi sogna un futuro di passioni al servizio dell'individuo e di individui al servizio della collettività e tra chi invece vede nel dogma del lavoro un monolite di granito al cui altare sacrificare la libertà di noi tutti.
Chiudo con alcune parole di Albert Einstein, non certo un classicista, pubblicate su "Pensieri degli anni difficili" del 1950 e relative all'argomento: "Intendo respingere l'idea che la scuola debba insegnare direttamente quelle conoscenze specializzate e quelle cognizioni che si dovranno usare poi direttamente nella vita. (...) A parte ciò, mi sembra poi discutibile trattare gli individui come degli strumenti senza vita. La scuola dovrebbe sempre avere come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniose, non ridotte a specialisti. (...) Lo sviluppo dell'attitudine generale a pensare e giudicare indipendentemente dovrebbe essere sempre al primo posto, e non l'acquisizione di conoscenze specializzate".
- CHI E' L'AUTORE -
*Riccardo Bartoletti nasce a Piombino (LI) il 15/02/1984. Laureato in Biologia Molecolare e specializzato in Fisiopatologia Generale, abbandona la carriera scientifica per dedicarsi alla cultura classica e allo spettacolo dal vivo. Dopo il diploma come Triple Performer alla BSMT (Bernstein School of musical Theater) di Bologna, prende parte al Progetto Europeo " Masks On Stage", diretto da Cristiano Roccamo, che lo porterà per due anni in giro per l'Europa insieme ad altri otto performer di cinque nazionalità differenti. Nel 2013 fonda la cooperativa Teatro Europeo Plautino, diretta da Cristiano Roccamo, direttore artistico del "Plautus Festival" di Sarsina (FC), con la quale mette in campo progetti di riscoperta e valorizzazione della cultura classica in generale e delle opere di Plauto in particolare, rivolti soprattutto alle giovani generazioni. Nel 2014, insieme a Daniele Dell'Agnola, dirige il festival multiculturale TERRALIBRE ad Ascona Svizzera). Nel 2016 la compagnia riceve, per il progetto PLAUTO NELLE SCUOLE, il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO "a fronte dell'alto valore educativo dell'iniziativa". Il progetto coinvolge ogni anno oltre 25.000 studenti in tutta Italia.
E' attualmente presidente e direttore organizzativo della compagnia Teatro Europeo Plautino.
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