Sei scudetti consecutivi, un ciclo vincente che non era mai riuscito a nessuno nel campionato italiano. La Juventus ha compiuto un'altra impresa storica, anzi "leggendaria", come l'hanno sempre definita i vertici del club bianconero, fin quando era ancora un sogno e un obiettivo. Il "primo obiettivo stagionale" dichiarato di Allegri.
I botti di mercato - da Higuain pagato 90 milioni al Napoli, a Dani Alves, da Pjanic a Pjaca e Benatia - hanno potenziato lo squadrone che pure nell'estate aveva perso Pogba e Morata. Tanti assi, tecnica e fisicità, ma anche un gruppo senza crepe e sempre affamato di successi; difesa inossidabile, attaccanti di razza, la classe cristallina di Dybala, che si è rivelato un fuoriclasse, e la potenza di Higuain, la capacità di farsi scivolare addosso le polemiche esterne, il carisma e la professionalità di Buffon e Bonucci, la guida sicura di Allegri: sono gli ingredienti di una superiorità a tratti schiacciante.
La svolta, tuttavia, è stata il cambio di modulo, il 4-2-3-1 escogitato da Allegri dopo il capitombolo di Firenze, il quarto stop stagionale. "Era il momento di cambiare, di essere meno conservatori", spiegò il tecnico. Un modo per trovare la collocazione ideale per Pjanic, che da trequartista non ingranava, e di far giocare sempre, e insieme, Higuain, Dybala, Mandzukic e Cuadrado. Gli esterni del terzetto dietro il 'Pipita' sono stati fondamentali nella fase difensiva e nel soffiare palloni agli avversari.
Poche pause, dalla quale però la Juventus è sempre stata velocissima a rialzarsi. Come ha saputo risolvere con brillantezza l'unico caso stagionale, il battibecco tra Allegri e Bonucci nel finale di Juventus-Palermo, culminato con la decisione del tecnico di punire il difensore mandandolo in tribuna nell'andata degli ottavi di Champions a Oporto.
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