I paesi si fanno la guerra, lo sport scende in campo e fa diplomazia. Stavolta è il pattinaggio sul ghiaccio a riavvicinare la Corea del Nord e quella del Sud in vista delle prossime Olimpiadi invernali a PyeongChang. A dare l'occasione per varcare i confini dell'ennesima 'Guerra fredda' sono due giovani campioni di Pyongyang, la coppia di belle speranze formata da Ryom Tae Ok e Kim Ju Sik. Un sogno che potrebbe presto tramutarsi in realtà per i due atleti che hanno già conquistato il pass olimpico. Ma lo sport non è nuovo nel suo ruolo di ponte di pace, la diplomazia sportiva già in passato ha registrato successi fuori dal campo: storico alle Olimpiadi di Pechino l'abbraccio tra la campionessa russa e la sua rivale georgiana, sul podio del Tiro a segno, nei giorni della guerra in Ossezia. A Londra i pongisti delle due Coree, Ryu Seungmin e Kim Hyok Bong, alla fine della loro sfida si sono stretti la mano. Corsi e ricorsi storici: il più famoso esempio di diplomazia dello sport è quello del 1971, quando il ping-pong ruppe il muro della diffidenza tra Usa e Cina. Gli atleti a stelle e strisce, mentre erano in Giappone, accolsero un invito arrivato dalla federazione cinese per un'amichevole a Pechino. Furono i primi americani a mettere piede nella capitale cinese dopo che Mao aveva preso il controllo del gigante asiatico nel 1949. Allora i media battezzarono quel momento storico come la 'diplomazia del ping-pong'. Le Universiadi di Fukuoka del '95 sembrarono un momento di svolta: le due Coree si presentarono con una squadra 'confederata'. A Sydney 2000, durante la cerimonia di apertura, le due delegazioni olimpiche sfilarono con una bandiera unica creata per l'occasione. Perché spesso lo sport ricompone ciò che la politica divide.
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