Cosa hanno in comune Moise Kean, Callum Hudson-Odoi e Jadon Sancho? Tutti e tre sono calciatori, tutti e tre attaccanti. Ciascuno di loro ha bruciato le tappe a tempo di record fino alla sua nazionale, e occupa una posizione nella top ten della della Next Generation del pallone, la generazione futuro. Di piu': tutti e tre sono nati nel 2000.
Non sarà forse un caso se dietro ragazzi-simbolo di un presente che cambia - in Premier League l'anglo-ghanese Hudson-Odoi, in Bundesliga l'anglo-trinidadese Sancho, in A l'italo-ivoriano Kean - ci sono storie da 'stranieri' solo di nome. Non sono più tali - a prescindere dallo ius di ciascuna legislazione - gli immigrati di prima o seconda generazione che riempiono i settori giovanili di tutta Europa, in cerca di gloria. "Ma io sono cittadino italiano dalla nascita - ha raccontato Kean dopo aver esordito con gol ieri a Udine, con la maglia della nazionale di Mancini - i miei genitori sono qui da oltre 30 anni. Cosa penso di questa questione della cittadinanza? Dispiace, siamo tutti nello stesso paese e se viviamo qui dobbiamo essere tutti trattati da italiani".
Chissà se Mario Balotelli, che Kean ha confessato di sentir spesso per farsi nell'inedita veste di consigliere ("mi dice di non ripetere gli errori che ha commesso lui..."), gli ha anche chiesto di non reagire se un giorno sarà criticato per quel che rappresenta, piu' che per quel che fa. "Non esistono neri italiani", scrivevano gli ultrà a SuperMario anni fa, e invece un domani i tifosi della nazionale si potrebbero ritrovare una coppia Kean-Balo. "Mancini dice che potremmo giocare insieme? Se lo dice lui, e' possibile. E se succede, faremo grandi cose...".
Intanto posta l'esultanza al suo primo gol con un "un giorno da mai dimenticare" a commento, tra una foto di amici in giro tra i monti del vercellese ("si considera piemontese doc", dicono di lui) e qualche passo di hip-hop, la passione fuori dal calcio. "Il balletto dopo la rete alla Finlandia non ha significati particolari, sono solo le mosse che facciamo quando andiamo a ballare con amici", dice tornando un 19enne come tutti gli altri. Per i numeri non lo è, come ha ricordato Mancini definendolo "un predestinato": primo millenial a esordire non solo in Italia, ma nei cinque maggiori campionati europei; primo millenial a segnare in A; primo a esordire in nazionale maggiore da titolare e primo a segnare. "Voglio battere altri record", la sua dichiarazione che unisce leggerezza e spavalderia. Dicono sia sempre stato cosi', da quando giocava nelle giovanili del Torino e la Juve lo soffiò a 10 anni. Ora il ct Mancini lo ha avvertito: e' una punta centrale che finchè ha questa forza fisica puo' giocare sulle ali. Ma deve crescere ancora molto. Il futuro è cosi': promette, e poi non sai.
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