Il calcio sarà pure uno sport di squadra e un insieme coeso di undici individui, ma mai come in questi giorni, nella galassia Milan, si è respirato il culto della personalità, l'idolatria verso Zlatan Ibrahimovic, con l'ennesimo esodo dei tifosi verso Milanello. Pioli lo accoglie con gioia ("allenarlo è tanta roba, è pronto ma gli manca un po' di ritmo"), gli stuzzica l'ego ("si è presentato bene, non ha una personalità qualsiasi") ma non vuole che il suo ritorno diventi un elemento di disturbo nel preparare la gara contro la Sampdoria: forse anche per questo - nonostante tutte le tentazioni e i dubbi - Ibrahimovic sembra destinato a partire dalla panchina, così Piatek sarà titolare e dovrà scrollarsi di dosso l'ingombro della figura dello svedese, mandando un segnale di ripresa dopo 4 mesi davvero mediocri (4 gol, 3 su rigore). "Ibrahimovic ha già dato la svolta all'ambiente ma non è il salvatore della patria", il messaggio che Pioli vuole mandare forte e chiaro, richiamando tutti al senso di responsabilità e al dovere di rimediare alla "macchia indelebile", alla "ferita che sanguina" dello 0-5 contro l'Atalanta. "Ibrahimovic è un campione - aggiunge il tecnico rossonero in una conferenza totalizzata dall'immanenza del nuovo arrivo -, sarà un valore aggiunto nel nostro lavoro, nella nostra quotidianità e presto nelle nostre partite ma non ci farà vincere le partite da solo, è la squadra che dovrà fare molto meglio di così".
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