Il 14 marzo prossimo avrebbe compiuto
70 anni, ma il 5 febbraio di 20 anni fa, sulla soglia delle 50
primavere, morì in un tragico incidente stradale. Fernando Viola
da Torrazza Piemonte (Torino) perse la vita su viale Parioli, il
quartiere dove aveva scelto di vivere con la moglie e i figli
che, all'epoca, avevano 14 e 15 anni. Viola, centrocampista a
tuttodondo cresciuto nel vivaio della Juve, era a bordo del
proprio scooter che si schiantò contro un'auto.
Di lui restano i ricordi delle prodezze in campo, ma anche il
suo essere un giocatore atipico, un gentiluomo: dalla Juve di
'Cesto' Vyckpalek, lo zio di Zeman, fino alla Lazio. Proprio
l'allenatore ceco lo fece esordite in bianconero, il 12 marzo
1972, in Juventus-Bologna, vinta 2-1 dai bianconeri. Viola venne
gettato nella mischia per sostiture il 'Barone' Causio, a sua
volta erede del 'panzer' Helmut Haller. Qualche settimana dopo,
in seguito a un digiuno di alcuni anni, i bianconeri
riconquistano lo scudetto. L'apporto di Nando Viola è minimo, ma
essenziale.
Giocatore di talento, dotato di buona tecnica, fantasia e uno
straordinario dinamismo, Viola è stato un antesignano del
centrocampista moderno. Uomo di calcio, ma anche di lettere e di
cultura. Il calcio ai massimi livelli, infatti, non gli impedì
di coltivare la passione per gli studi: riuscì a laurearsi in
lingue e fu uno dei primi nella storia del calcio italiano a
diventare dottore.
Dopo la Juve, il prestito in B a Mantova, il ritorno alla
casa madre - dove vide muovere i primi passi di un giovanissimo
Paolo Rossi - poi il Cagliari, la Lazio, il Bologna, quindi
ancora quattro stagioni in biancoceleste e l'epilogo - per
diletto - a Subiaco, la squadra del paese di Ciccio Graziani.
Infine, l'addio al calcio e lo schianto in viale Parioli che
mise fine a tutto.
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