"Nel ciclismo ancora c'è il problema
del doping. Un Giro d'Italia, con tappe di oltre 100 chilometri
al giorno, è umanamente impossibile da affrontare per un atleta.
Senza un 'aiutino' è impensabile stare tra i primi 20 del
ranking". Lo dice Giovanni Grauso, ex procuratore della
Federciclismo nel biennio che vide sotto la sua gestione ben 57
medici sociali (36 dei quali condannati), messi alla sbarra per
mancato aggiornamento delle cartelle cliniche degli atleti.
Sull'utilizzo del doping di nuova generazione l'attuale
sostituto procuratore della Federcalcio, avverte: "Sono uscite
sostanze che consentono di non essere 'pizzicati' dal
sorteggio". "L'effetto - ha precisato Grauso, intervenendo al
Consiglio nazionale dell'Us Acli a Roma - si vede due mesi dopo,
quando il ciclista riposa. E' tutto scientificamente calcolato.
Io ho avuto più pressioni nel ciclismo che nel calcio". Quello
che andò in scena nel 2013 "è stato il processo più
grande degli ultimi 30 anni nel ciclismo".
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