''Ancora una volta, Ayrton Senna do Brasil!''. L'urlo con il quale il telecronista Galvao Bueno festeggiava ogni vittoria dell'idolo di un'intera nazione, torna a riecheggiare. Manca qualche giorno al ventennale della sua morte a Imola, ma i ricordi non si sono mai fermati. Ayrton per i suoi duecento milioni di connazionali, è ancora lì, è vivo e accelera nelle leggenda che fa di lui il campione di oggi, ieri e probabilmente anche domani più amato in assoluto. Più dei pentacampioni del mondo del calcio, dei Pelè, Garrincha, Romario e Ronaldo: Ayrton è stato unico, è stato il Brasile che stava davanti a tutti, il sogno di Icaro liquefatto quando era ancora troppo presto. Solo stando sul posto si può capire cosa è stato, ed è tuttora, Senna per i brasiliani. Vedendo la sua tomba nel cimitero di San Paolo ogni giorno meta di pellegrinaggi. Facendosi travolgere dal ritmo della scuola di samba 'Unidos da Tijuca' che ha vinto l'ultimo Carnevale di Rio raccontandone il mito con tanto di replica della sua McLaren sulla pista del sambodromo, mentre non si contava il numero di persone in preda al pianto.
Nei giorni della grande follia carioca la tristezza va via, ma quel ricordo, con la sorella Viviane e l'unico nipote Bruno nel mezzo della sfilata, era troppo struggente. Senna è stato l'idolo al quale il Brasile appena diventato campione del mondo a Pasadena, nel 1994, dedicò quel successo con tanto di striscione sollevato in campo dai calciatori, ed è quello a cui vorrebbe fare la dedica anche la Selecao di oggi, al Maracanà il 13 di luglio. Lo ha rivelato Carlos Alberto Parreira, il ct di allora che adesso assiste Scolari e secondo il quale ''Ayrton Senna era speciale, il nostro orgoglio, e un vero artista''. Per questo c'è e ci sarà sempre, e nel paese in cui nessuno è di nessuno lui è diventato di tutti. Gli hanno intitolato ogni cosa, anche uno dei più prestigiosi premi giornalistici brasiliani e l'avenida che a Rio porterà verso gli impianti dell'Olimpiade a Barra da Tijuca. In questo periodo, avvicinandosi il ventennale della scomparsa, sta andando in onda una serie televisiva sulla sua vita ed è inutile dire che ha fatto il record di ascolti.
E' ancora troppa la voglia del Mito, di rivedere quei duelli con Prost e di cancellare per sempre certe frasi su Senna di un altro 'tricampeao' di F1, quel Nelson Piquet che i brasiliani non hanno mai amato. E' proprio vero: Senna apparteneva al Brasile, anzi lo era. Non importavano età, censo, aspetto, amore per la velocità o meno. Gli bastava essere Ayrton per conquistare il paese. Quando, dopo una vittoria, sventolava la bandiera verde-oro con la scritta 'Ordem e Progresso' portava con sè la speranza, l'allegria e i sogni di un popolo che lo adorava. E oggi Ayrton vive anche nei due milioni di bambini poveri che studiano e sognano un futuro grazie alla Fondazione intitolata al campione. Ecco perchè è anche ''Ayrton Senna Saudade do Brasil'': la nostalgia per quel casco giallo è ancora troppo forte
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