Non si può dire non ci sia stato un
effetto claustrofobia all'88/ma edizione degli Oscar. A portarsi
a casa due importanti Oscar sono stati, tra gli altri, due
lungometraggi ossessivamente fobici come Il figlio di Saul di
László Nemes (miglior film straniero), dramma in soggettiva di
un padre che vorrebbe seppellire il corpo del figlio ad
Aushwitz, e poi 'Room' film di Lenny Abrahamson con Brie Larson
(miglior attrice protagonista), tragedia in nove metri quadrati,
basato sul bestseller di Emma Donoghue. Il film, in sala da
domani con Universal, racconta di una segregazione con
protagonisti una madre e un figlio chiusi in una stanza-inferno
con una sola finestra sul soffitto. Uno scenario difficile da
sopportare. Tra favola e thriller si svolge questa storia di
prigionia e liberazione di Jack, bambino di cinque anni che non
ha mai visto il mondo, non conosce né vento, né pioggia, né
sole. Per lui c'è solo la stanza e la sua amata Ma', sua madre,
unico essere umano con cui è entrato contatto.
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