l tempo dell'"autoanalisi" è finito, ora tocca "rialzarsi" e costruire un nuovo grosso "argine al populismo". Dalla Festa dell'Unità a Ravenna Matteo Renzi chiama alla riscossa il Partito democratico, riserva stoccate al governo giallo-verde - "hanno cambiato idea anche sul cambiamento" - ma ne ha pure per il "fuoco amico" di quei compagni che "per ben due volte" gli hanno "fatto la guerra".
Ma Nicola Zingaretti, unico candidato al momento alla guida del Pd, ribatte spiccio: "serve un congresso, vero".
"Non vengo alla festa dell'Unità per partecipare al gioco delle polemiche fra componenti interne al partito, io non ci gioco", dice però Renzi parlando davanti a un migliaio di militanti assiepati al Pala De André di Ravenna. "Di fronte a questo governo io dico al Pd alziamoci e rimettiamoci in cammino", è lo sprone dell'ex segretario. Che però non dimentica. "Per due volte mi è stata fatta la guerra, sono stato colpito da fuoco amico, i principali avversari erano quelli in casa".
Ce l'ha con quegli "amici e compagni" che hanno "attaccato il Matteo sbagliato" che hanno "aiutato a rompere un argine contro il populismo". E ora tocca ricostruirne uno ancora più grande, rilancia. Ma guai a darsi per sconfitti. "Ci sono due modi per rialzarsi dalle sconfitte - ripete -, la prima continuare a piangersi addosso, la secondo imparare dalle sconfitte e rimettersi in cammino". Il pubblico lo asseconda e l'accoglienza che gli riserva è quella di una star, tra ovazioni, applausi e spintoni per conquistare un selfie. In platea si leva però anche una voce critica: "Congresso subito, basta", gridano alcuni durante il comizio. Renzi quasi glissa e tira dritto. Invita a superare le tensioni interne, ma anche lui guarda al congresso, pur se non da protagonista.
"Votate chi vi pare al congresso", insiste, "chi vince, vince", ma "nessuno si permetta di tirarsi indietro". Gli risponde, a distanza, l'unico - finora - candidato alla guida del Pd. Intervistato in tv, Nicola Zingaretti chiede un "congresso partecipato". "Il problema non sono i candidati o la loro qualità", ma "il vero salto di qualità è il congresso". Anche il governatore del Lazio invita quindi a superare le liti, ma si chiede anche dei veti contro la sua candidatura alla segreteria. Renzi non parla di alleanze, non fa nomi sulle candidature alla leadership del Partito democratico ma ribadisce la sua disponibilità "a dare una mano". "C'è un Paese che ha bisogno di noi" ripete l'ex segretario, mostrando le contraddizioni, a suo dire, del governo "del cambiamento" che ha "una una classe dirigente di scappati di casa", che fa "zig-zag" sui vaccini e che "prende in ostaggio 150 poveri migranti" pur di non perdere punti nei sondaggi, che gridava "onestà" e che ora "tace" davanti alla sentenza sui fondi della Lega. E poi l'affondo a Salvini: "Sono un esperto del settore, alla fine quando gira la ruota le cose cambiano". E poi, prima di assaggiare fettuccine ai porcini e concedersi alla folla, "viva l'Italia".
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