(di Francesco Gallo)
Una storia di ricchi contro poveri in
Corea che sembra scritta, in quanto a cattiveria, da Mario
Monicelli. Una lotta di classe ravvicinata in cui a fare la
differenza c'è anche l'olfatto, i poveri infatti puzzano un po'
troppo per i ricchi coreani, o almeno è quello che capita nel
film 'Parasite', scritto e diretto dal talentuoso regista sud
coreano Bong Joon-ho, premiato con la Palma d'Oro al 72/o
Festival di Cannes e ora in sala dal 7 novembre con Academy Two.
'Parasite' parte in commedia, ma poi atterra nel dramma, un
family-drama con una forte valenza politica. Perché alla fine a
giocarsi tutto in questa storia sono due famiglie agli opposti,
i poverissimi Ki-taek e i ricchissimi Park. I primi vivono in un
sottoscala che spesso viene derattizzato (da qui forse l'odore),
i secondi in una stupenda villa con giardino arredata con gusto
e senza badare a spese. Tutto inizia in casa Ki-taek quando
l'intera famiglia, padre, madre, figlio e figlia è nel panico
più totale perché il wifi del vicino, a cui attingono tutti da
sempre, ha cambiato password.
Ma le cose vanno sicuramente meglio quando il primogenito di
questa famiglia di 'brutti, sporchi e cattivi', con un
espediente non proprio corretto, si ritrova a fare lezione di
inglese alla figlia dei Park. Il ragazzo sarà come un cavallo di
Troia per aprire le porte degli ignari Park all'intera sua
famiglia che sarà in pochissimo tempo tutta al servizio della
ricca casa. Per i Ki-taek la povertà sembra finita, ma nel
rifugio antiatomico della ricca casa c'è un'orribile sorpresa e
la pace tra le due famiglie sarà rotta.
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