L' artista bolognese Guglielmo
Sansoni aveva appena 23 anni, nel 1919, quando conobbe Filippo
Tommaso Marinetti, il vulcanico fondatore del Futurismo. Fu un
incontro tanto desiderato che gli cambiò non solo la vita ma
anche il connotato anagrafico più importante. Soltanto pochi
mesi dopo il giovane pittore celebrò in modo plateale, con tanto
di necrologio sul giornale, il proprio funerale seppellendo
metaforicamente la sua vecchia identità per rinascere con il
nome di Tato. Una firma legata a doppio filo agli anni gloriosi
dell' aeropittura, che proprio lui contribuì a fondare e a far
decollare negli anni Trenta in modo prepotente ponendola tra i
filoni di maggior fascino dell' avanguardia. Per ricordare i
cento anni di quella circostanza cruciale per il destino
artistico di Tato la Camera dei Deputati ha aperto le porte di
Palazzo Valdina con la mostra che fino al 6 dicembre riunisce
una trentina di opere in cui protagonista è l' aereo, il mezzo
meccanico che più di altri riassumeva i concetti di dinamismo,
energia e velocità cantati dal Futurismo. I quadri - una
trentina tra oli su tela, tempere su carta, dipinti su ceramica
provenienti da collezioni privati e scelti dal curatore
Salvatore Ventura con il coordinamento di Cornelia Bujin - sono
la celebrazione del nuovo modo di osservare la realtà, dall'
alto, seguendo le evoluzioni di velivoli militari, offrendo all'
osservatore lo stesso punto di vista dell' aviatore, restituendo
distorte e ricurve le forme della natura, del paesaggio e degli
edifici delle città.
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