La leader birmana Aung San Suu Kyi è
partita per l'Olanda, dove martedì è attesa alla Corte penale
internazionale dell'Onu all'Aja per difendere sé e il suo Paese
dall'accusa di 'genocidio' nei confronti della minoranza
musulmana dei Rohingya.
Una vicenda - l'Onu ha apertamente accusato la Birmania di
pulizia etnica - che ha provocato la fuga di circa 740.000
persone nel vicino Bangladesh, dove sono ammassate in condizioni
pietose in campi profughi. Una vicenda che ha offuscato
l'immagine internazionale della donna-simbolo che aveva
resistito alla dittatura militare, vincendo il Nobel per la
Pace. Oggi è accusata di passività, se non di accondiscendenza,
nei confronti dell'implacabile azione dei militari verso la
minoranza etnica, alla quale la Birmania nega anche il nome,
Rohingya. In sostanza sono trattati alla stregua di immigrati
illegali.
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