Due grandi tele, una con il giovane
Raffaello morente, l'altra con l'affollatissimo corteo funebre
che il 7 aprile del 5020 lo accompagnò alla tomba. E poi
proprio la sua tomba, con le colonne di diaspro rosso i marmi
bianchi e neri, la Madonna con il bimbo in braccio, ricostruita
a grandezza naturale, per dare subito l'impressione di quello
che fu lo sconcerto di quei giorni di cinquecento anni fa. Si
apre con la morte del grande pittore, quel 6 aprile che fu
l'alfa e l'omega della sua breve esistenza, la grande mostra con
la quale le Scuderie del Quirinale a Roma rendono omaggio al
genio di Raffaello. Oltre 200 opere, tantissime tele, tavole,
ma anche spettacolari disegni per raccontare con un percorso a
ritroso, dalla morte improvvisa e prematura ai primi passi spesi
nell'arte, l'avventura intellettuale di un artista poliedrico
e completo, figura rinascimentale per eccellenza, adorato dai
contemporanei che arrivarono a vedere nella sua morte inattesa,
arrivata di venerdì santo, quasi una prova della sua divinità.
"La complessità è una delle chiavi di lettura per capire
Raffaello, troppo spesso minimizzato come artista facile", dice
all'ANSA Marzia Faietti, che insieme a Matteo Lafranconi ha
curato l'esposizione, "essere artista facile all'epoca era però
un vero complimento perché significava sapere gestire le varie
componenti in maniera davvero equlibrata e sapiente". Una
qualità che esplode nelle ultime opere, quelle degli anni della
maturità, con il ritratto di Leone X per esempio, o nello
sguardo delle sue donne, la Fornarina e La Velata che qui sono
esposte l'una accanto all'altra. Ma in qualche modo è evidente
nell'autoritratto di lui giovane, che i curatori hanno voluto in
chiusura del percorso :"qui- spiega Faietti - c'è l'idea
dell'artista che si rappresenta come icona dell'origine della
pittura stessa"
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