"Ho scelto di esserci, in questo
momento difficile. Da una parte perché penso che la musica non
debba fermarsi e perché a questo progetto ho lavorato con
dedizione per un anno, dall'altra perché lo devo ai fan, la mia
famiglia allargata, che aspettavano e chiedevano questo disco".
Ghemon spiega così la sua decisione controcorrente rispetto alla
maggioranza dei suoi colleghi di uscire con un nuovo lavoro
discografico, dal titolo Scritto nelle stelle, che racchiude
nelle 11 tracce una maggior consapevolezza di sé (dal 24 aprile,
coproduzione Carosello Records e Artist First). E offrendo, in
attesa di incontri di persona, anche il primo instore digitale.
Non è un sognatore Ghemon. Guarda con realismo alla
situazione che lo circonda e - con un tour al momento sospeso -
non si fa illusioni. "E' chiaro che non si tornerà a fare
concerti tanto presto, immagino che difficilmente ce ne saranno
prima della primavera prossima. E bisognerà trovare un modo per
sfruttare nel migliore dei modi la tecnologia, che non era
pronta a tutto questo. Non un live da casa, che spesso gli
artisti propongono più per se stessi, per sentirsi al centro
dell'attenzione, che non per i fan. Penso a una piattaforma per
concerti on demand, magari con un'offerta all'ingresso". Una
proposta coraggiosa, in un mondo che spesso considera la musica
(e la cultura) non necessaria e superflua. "E' una categoria
fatta di partite Iva, di piccole e medie imprese: gli artisti
sono i primi a dover spiegare che non è tutta apparenza, che
dietro c'è fatica, lavoro, obblighi, scadenze, famiglie".
Immagina anche che, la situazione di crisi che si è creata con
l'emergenza coronavirus, possa finalmente spingere gli artisti,
per la prima volta, a unirsi in una stessa lotta. "E' ora di
sedersi al tavolo tutti insieme". Una rappresentanza sindacale
dei musicisti? "Sì, qualcosa del genere, un'associazione, un
consorzio. Ma per essere credibili dobbiamo essere in tanti".
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