Il primo ministro conservatore
australiano Scott Morrison non si appellerà al presidente
uscente Usa Donald Trump perché accordi la grazia al cittadino
australiano Julian Assange, in seguito alla decisione di un
tribunale britannico di respingere l'istanza di estradizione del
fondatore di WikiLeaks, per motivi di salute e di rischio di
suicidio. I sostenitori di Assange ed esponenti dell'opposizione
laburista e dei Verdi chiedono a Morrison di premere su Trump
perché conceda la libertà al 49/enne australiano, ma secondo
fonti governative citate oggi dal Sydney Morning Herald non vi è
intenzione da parte di Canberra di sollevare la questione né con
Trump, né con l'imminente amministrazione Biden.
La ministra degli Esteri Maris Payne ha dichiarato in
particolare che l'Australia "non è parte della causa e
continuerà a rispettare il procedimento legale in corso, inclusa
la considerazione da parte del sistema giuridico del Regno Unito
di istanze di scarcerazione o di appelli". Ha aggiunto che il
governo ha presentato 19 offerte di assistenza consolare ad
Assange, rimaste senza risposta.
L'autorevole giurista Geoffrey Robertson, ha difeso Assange
senza successo contro procedimenti di estradizione nel 2010, ha
chiesto al governo australiano di far sentire il suo peso dietro
la campagna diretta a ottenere che il Dipartimento di Giustizia
Usa rinunci al suo appello contro la decisione della giudice
britannica Vanessa Baraitser.
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