Uomo semplice e intellettuale
complesso, capace di provocare dibattiti fruttiferi, narratore e
saggista, che riesce spesso a fondere queste due anime, per
indagare la realtà e le sue ipocrisie "anche a costo di
fraintenderla", tanto da suscitare alcune dure polemiche con le
sue prese di posizione sulla politica e sulla giustizia,
Leonardo Sciascia è una di quelle figure esemplari del secondo
Novecento e di cui sentiamo l'assenza in un dialogo politico e
sociale oggi tanto impoverito, celebrando venerdì 8 gennaio i
cento anni dalla nascita a 31 dalla scomparsa nel 1989.
Come narratore esordisce con libri dedicati alla sua Sicilia,
cominciando con i suoi ricordi di maestro in 'Le parrocchie di
Regalpetra' (cittadina dietro cui si nasconde la sua natale
Racalmuto in provincia di Agrigento, cui è sempre tornato tutta
la vita) e 'Gli zii di Sicilia', lucidi, ironici, con già
sottotraccia quella sua forte formazione illuminista e direi
volterriana. Da lì viene quel suo impegno, concreto e che
diviene anche e sempre più altamente metaforico, nel cercar di
raccontare e spiegare i segreti e i meccanismi di potere nella
sua terra, a partire da quello mafioso che tutto contamina (e si
ricordano 'Il giorno della civetta' e 'A ciascuno il suo' nei
primi anni '60) e poi, allargando la sua paziente esplorazione,
nell'Italia democristiana e socialista in genere (e citiamo 'Il
contesto', 'Todo modo' per arrivare a 'L'affaire Moro' negli
anni '70), con risultati a volte accolti come provocatori.
I suoi romanzi trovano la propria forma in un'abile chiave
gialla, come genere coinvolgente che nasce dalla sua ricerca
illuminista della verità, ma corretta (vincitore del Premio
Pirandello nel 1953 e autore di 'La corda pazza', scritti che
sin dal titolo rimandano alla teoria espressa nel 'Berretto a
sonagli') da un'essenziale nota pirandelliana, per la vena
ironica di fondo legata a quella impossibilità obiettiva di
distinguere tra le diverse ottiche della verità e della
menzogna. Per alcuni versi quindi i gialli di Sciascia sono
anticipatori di quella linea poi del noir mediterraneo (da Izzo
a Carlotto) che userà il genere per farne denuncia civile,
sociale e di costume.
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