Di Michele Esposito
La notte semi-insonne, passata a "riflettere da solo", all'hotel Nazionale, a due passi da quel palazzo che avrebbe potuto togliergli la libertà. Poi, il voto dell'Aula di Palazzo Madama, con il 'no' all'autorizzazione all'arresto rovescia tutto, trasformando la tensione in sollievo. La lunga giornata di Antonio Azzollini si conclude così, con gli occhi lucidi e le parole di soddisfazione ribadite come un 'mantra' ai giornalisti che lo circondano al Senato. Subito dopo il voto dell'Assemblea, Azzollini va infatti nella 'sua' commissione Bilancio, forse per cercare di rispondere alle telefonate di congratulazioni che di lì a poco sarebbero arrivate. Non ne ha il tempo. I cronisti lo attorniano, tempestandolo di domande. E lui, cauto ma commosso, risponde che sì, "è soddisfatto" e che a suo parere l'elemento "determinante" per il quale il voto della Giunta delle Immunità è stato rovesciato è stata "la conoscenza degli atti". Atti che, come spiegato dallo stesso senatore in Aula, contengono "ricostruzioni difficili da poter ritenere anche solo logiche", laddove nei suoi confronti "c'è solo "fumus persecutionis integrato a sufficienza". E poi c'è quella presunta frase - bollata dal senatore come "calunnia" - rivolta alle suore della Divina Provvidenza, riferita da quei due testi nei confronti del quale Azzollini non esclude di poter agire legalmente, se i suoi legali lo riterranno. Ma nel giorno del 'no' al suo arresto, per il senatore, c'è soprattutto il sollievo.
"Ho cenato con tonno scottato e asparagi, poi ho dormito poco, ma tranquillo. Io sono abituato a fare il mio dovere", è l'affresco che Azzollini fa della sua vigilia, infarcendolo con diverse digressioni, come quella sul libro che sta leggendo in questi giorni, un volume di Andrea Carobene dal titolo "Diario di un monaco del XXI secolo, fisico e certosino". O come l'ammissione che, da quando l'ordinanza di arresto è giunta a Palazzo Madama, lui porta sempre con sé il fascicolo originale degli atti. Poche, invece, le valutazioni politiche, a partire da quelle che hanno portato il Pd a votare secondo libertà di coscienza, con il risultato di 189 no e 17 astenuti in Aula. "Non me lo aspettavo, ma avevo fiducia nelle mie argomentazioni", spiega il senatore prima di andare a pranzo con il capogruppo Renato Schifani, tra gli 'artefici' - si sottolinea in ambienti centristi - della strategia che ha portato al 'no' ad un arresto sul quale, nelle settimane scorse, anche tra gli alfaniani si erano registrate tensioni. Mentre sulla lettera di ieri del capogruppo Pd Luigi Zanda, che chiedeva di votare secondo coscienza, Azzollini si limita a dire che "ha fatto bene", ma non assicura che lo chiamerà per ringraziarlo. Sono altre, le telefonate che arrivano a frotte. "I tanti amici di Molfetta", spiega Azzollini prima di andarsene con una punta di orgoglio. Tornare presidente della Bilancio? "Io resto dimesso" ma, a settembre, "decideranno i gruppi", è il suo arrivederci.
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