Concluso a Firenze il restauro
della Pietà di Michelangelo conservata al Museo dell'Opera del
Duomo, non finita dal Buonarroti che vi lavorò tra il 1547 e il
1555, e che si ritrasse nell'opera nel volto di Nicodemo.
L'intervento ha confermato per la prima volta che la scultura fu
realizzata con un marmo difettoso per la presenza di numerose
microfratture, in particolare una sulla base, che potrebbe aver
"costretto" Michelangelo ad abbandonare l'opera. Ipotesi, si
spiega, più credibile di quella da sempre tramandata che il
grande artista, oramai anziano, scontento del risultato, abbia
tentato in un momento di sconforto di distruggerla a martellate:
il restauro non ha individuato traccia, a meno che Tiberio
Calcagni, che intervenne sull'opera entro il 1565, non ne abbia
cancellato i segni.
Il restauro sull'opera, conosciuta anche come Pietà Bandini,
una delle tre eseguite dal Buonarroti, ha portato anche alla
scoperta che l''enorme blocco di marmo su cui è scolpito uno dei
capolavori più intensi e tormentati di Michelangelo proviene
dalle cave medicee di Seravezza e non di Carrara come ritenuto
fino ad oggi.
Il restauro - commissionato dall'Opera del Duomo e reso
possibile grazie alla donazione della Fondazione Friends of
Florence, affidato a Paola Rosa con la collaborazione di
Emanuela Peiretti -, era iniziato nel novembre 2019 e ha subito
più di uno stop a causa del Covid. Un cantiere aperto - i
visitatori del museo hanno potuto continuare ad ammirare la
scultura - che il Museo ha ora deciso di lasciare fino al 30
marzo prossimo, per permettere al pubblico con visite guidate
di vedere da vicino e in un modo unico la Pietà restaurata.
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